I medici di base si appellano al prefetto di Bologna, Patrizia Impresa, per le condizioni in cui sono costretti a lavorare in piena emergenza coronavirus. Alle condizioni attuali “potremmo essere inconsapevoli vettori, oltre a rischiare di ammalarci“, scrive in una lettera del 16 marzo Roberto Pieralli dello Snami, il sindacato autonomo dei medici italiani. Lo Snami chiede dunque al prefetto di “requisire struttura e beni (mobili e immobili) ed assumere ogni altro provvedimento idoneo al fine di attuare le superiori disposizioni governative” che secondo il sindacato sono rimaste sulla carta, sia dal punto di vista delle protezioni individuali sia da quello dei locali degli studi medici, spesso inadeguati a garantire le distanze di sicurezza tra i pazienti. “Molti medici, in particolare la stragrande maggioranza di medici di assistenza primaria e medici di continuita’ assistenziale- si legge nella lettera- sono stati lasciati ancora allo sbaraglio, senza adeguata dotazione quantitativa o qualitativa di dispositivi di protezione individuali adeguati (mascherine omologate, camici monouso impermeabili e non, occhiali, guanti) prescritti“. Conclude quindi lo Snami: “Noi medici in prima linea sul territorio ci troviamo non solo senza i dispositivi di protezione individuale prescritti da Governo e Regione che non li distribuisce, ma anche nell’impossibilita’ di acquistarli a nostre spese anche dopo averli reperiti autonomamente”.