Lo avevamo lasciato l’anno scorso in balia dell’effetto Yorp – un fenomeno piuttosto raro che può interessare asteroidi molto piccoli, portandoli a ruotare talmente veloci da perdere pezzi fino a rischiare l’autodistruzione. E i dati suggerivano che il piccolo Gault – un asteroide da circa 5 km di diametro, il cui nome ufficiale è (6478) Gault – stesse in effetti piroettando su se stesso a ritmo forsennato: un giro ogni due ore. Ora l’asteroide si trova a circa 282 milioni di km da noi, e una nuova serie d’osservazioni – condotte da due astronomi dell’Inaf di Bologna, Albino Carbognani e Alberto Buzzoni, con il telescopio da 0.8 m dell’Osservatorio di Saint Barthelemy (in Valle d’Aosta) e con quello da 1.52 metri dell’Osservatorio di Loiano (in provincia di Bologna) – ne ridimensiona la velocità di rotazione a un periodo significativamente più lungo: 3.34 ore, minuto più minuto meno.
«Nonostante la peculiarità di questo asteroide», dice Carbognani a Media Inaf, «non esistono in letteratura molti studi sulla sua caratterizzazione fisica. La stima della rotazione in due ore, in particolare, viene da osservazioni recentissime (2019) ottenute durante una fase di attività “cometaria” dell’asteroide, quando l’oggetto era in realtà racchiuso in un “bozzolo” di polvere in fase di dispersione nello spazio. In questo caso abbiamo motivo di ritenere che la variazione di luminosità rilevata non tracci la reale rotazione del corpo principale, quanto piuttosto il susseguirsi di “buchi” e “grumi” nell’inviluppo di polvere circostante. Questo effetto potrebbe avere facilmente falsato l’apparente periodicità della curva di luce di Gault».
«Al contrario, le nostre osservazioni da Loiano sono state condotte in un momento di quiete dell’asteroide», sottolinea Buzzoni, riferendosi ai dati raccolti la notte del 15 aprile 2019, «dove verosimilmente la luce proveniva dalla sua superficie, senza essere oscurata dal “bozzolo” di polvere. Anche con un periodo di poco più di tre ore, comunque, Gault rimane un corpo celeste assai peculiare: se camminassimo sulla sua superficie dovremmo fare molta attenzione ala nostra andatura poiché, con un minimo di rincorsa, “prenderemmo il volo” senza poter più riatterrare al suolo, e perdendoci quindi nello spazio».
«Considerate le dimensioni di circa 5 km», aggiunge Carbognani, «si tratta ancora di un asteroide con un periodo di rotazione breve e, se si trova al limite della spin-barrier, questo significa che è poco denso rispetto agli asteroidi di tipo S della Fascia principale. Quindi la sua struttura deve essere anomala, in ogni caso a bassa densità, come una cometa o un asteroide di tipo C».
I risultati delle osservazioni di Carbognani e Buzzoni, riportati in un articolo pubblicato questa settimana su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, oltre a offrire importanti indizi su questo strano “asteroide con la coda” evidenziano anche una curiosa colorazione bluastra in alcune regioni della sua superficie.