“Qui è una lotta continua. I migranti dovrebbero stare in quarantena ma non rispettano le regole, il rischio di contagio è altissimo”. Andrea Tripodi, sindaco di San Ferdinando, in Calabria, sembra disperato e forse non a torto: la situazione è difficile da controllare. Il primo cittadino gestisce un comune dove risiede una delle tendopoli più grandi d’Italia: attualmente 444 immigrati vivono in 46 piccole tende. Altro che distanza di sicurezza, dunque: è difficile stare a più di 10 centimetri gli uni dagli altri. E’ una situazione decisamente fuori controllo che rappresenta un pericolo anche per le persone fuori, visto che gli immigrati entrano ed escono dagli alloggi ad ogni ora del giorno, senza tenere in considerazione le restrizioni.
“C’è un ragazzo africano che è arrivato da poco nella tendopoli dopo aver fatto scalo anche in Francia, a Parigi, ma non vuole rispettare la quarantena. Noi abbiamo anche disposto delle nuove tende per l’isolamento. Ma non lo accettano…è un problema culturale”, ha raccontato il sindaco a Il Giornale. Il Comune, nei giorni scorsi, ha proceduto alla disinfezione degli spazi, ma l’igiene non è il massimo, purtroppo, all’interno delle tende. Il pericolo è quello di focolaio difficile da frenare, se dovesse scoppiare. “Se anche solo uno di loro fosse affetto da Coronavirus, nello stesso momento ce lo avrebbero tutti. Questo è evidente”, ammette Tripodi. “L’inosservanza delle regole da parte dei migranti potrebbe portare anche a tensioni sociali con gli abitanti della zona”.
“Se non rispettano le regole saremo costretti a chiedere l’aiuto dell’esercito”, precisa Nino Spirlì, assessore regionale alla sicurezza e alla legalità. “È inconcepibile che in una situazione di emergenza come quella che stiamo affrontando i migranti continuino a vivere come se nulla fosse. Senza adeguarsi alle regole. Non possiamo permetterci che possano essere veicolo di eventuale contagio”.
“Per evitare assembramenti abbiamo fatto chiudere la moschea interna alla tendopoli dove entravano per pregare anche persone provenienti da fuori. Ma l’accampamento non ha le caratteristiche per poter rispettare la distanza sociale è questa la verità”, dichiara Tripodi, che però ammette di non poter fare molto di più, è necessario l’intervento dello Stato prima che sia troppo tardi.