Mentre la maggior parte del mondo si ferma e si “blinda” per combattere la pandemia di coronavirus, imponendo lockdown alla popolazione, vietando gli spostamenti e le attività non essenziali e gli assembramenti di persone, ci sono alcuni Paesi che stanno adottando un approccio totalmente diverso, in Europa ma non solo.
Il caso più noto è senza dubbio quello della Corea del Sud, che ha puntato tutto su tamponi a tappeto, isolamento e monitoraggio GPS.
La Corea del Sud non è arrivata ad isolare intere regioni, eppure è riuscita a contenere la diffusione dell’epidemia dopo una prima iniziale esplosione dei casi. La differenza la fa l’approccio sostanzialmente diverso: in Corea del Sud le autorità hanno testato centinaia di migliaia di persone, seguendo i potenziali trasportatori dell’infezione come detective, utilizzando la tecnologia satellitare e mobile. Circa 20.000 test al giorno, decine di cliniche “drive-through”, positivi monitorati dal GPS, quarantena a casa per i pazienti non gravi e monitoraggio da remoto, il tutto frutto anche della recente esperienza della MERS nel 2015, hanno permesso alla Corea del Sud di evitare misure e restrizioni ai viaggi drastiche.
La Corea del Sud combatte il Coronavirus con apertura e trasparenza: tamponi a tappeto, isolamento e monitoraggio GPS per un tasso di mortalità bassissimo
In Europa, il caso della Svezia
Mentre il resto dei Paesi scandinavi ricorre a misure restrittive per limitare il contagio, la Svezia prende tutt’altra strada. La Norvegia (5,3 milioni di abitanti) ha 4.393 casi confermati e 31 morti. La Danimarca (5,7 milioni di abitanti) ha 2.555 casi confermati e 77 vittime. La Svezia (10,1 milioni di abitanti) ha 4.028 casi e 146 vittime. Mentre Danimarca e Norvegia hanno chiuso i loro confini, ristoranti e piste da sci e hanno chiesto agli studenti di rimanere a casa, la Svezia ha chiuso solo le scuole superiori e le università, mantenendo asili, scuole elementari, pub, ristoranti e confini aperti. La Svezia sostanzialmente è rimasta operativa, mentre altre nazioni oltre la Scandinavia hanno attaccato l’epidemia con varie misure restrittive.
L’approccio svedese ha sollevato dubbi sul fatto che si stia giocando con una malattia per la quale non esistono cure o vaccini. Ma non ci sono prove che si stia sottovalutando la pandemia. Le autorità sanitarie del Paese sottolineano l’importanza di lavarsi le mani, del distanziamento sociale e della protezione delle persone di oltre 70 anni, limitando il contatto con loro. Ma guardando nei caffè della capitale Stoccolma, si possono vedere gruppi di due o più persone tranquillamente a cena o a fare colazione. I parchi giochi sono pieni di bambini. I ristoranti, le palestre, i centri commerciali e le piste da sci sono ridotti ma ancora aperti. Dopo aver vietato gli assembramenti fino a 500 persone, la misura è stata rafforzata fino a non più di 50 persone.
L’approccio della Svezia fa appello al senso di responsabilità e all’auto-moderazione della popolazione. “Questo è il modo in cui lavoriamo in Svezia. Tutto il nostro sistema per il controllo delle malattie trasmissibili si basa sull’azione volontaria. Il sistema di immunizzazione è completamente volontario e c’è una copertura del 98%. Si dà loro l’opzione di fare ciò che è meglio nelle loro vite. Questo funziona molto bene, secondo la nostra esperienza”, ha detto l’epidemiologo Anders Tegnell. Nello spiegare l’attuale strategia della Svezia, lo storico Lars Tragardh indica gli alti livelli di fiducia nel Paese e una rigida legge della Costituzione che impedisce al governo di intromettersi nelle questioni delle autorità amministrative, come l’agenzia di sanità pubblica.
Il caso della Germania
La Germania non prevede di allentare le attuali misure restrittive alla vita pubblica prima del 20 aprile, ha detto Helge Braun, a capo della cancelleria di Angela Merkel. La notizia arriva pochi giorni dopo che il Paese ha introdotto misure più stringenti nel tentativo di rallentare la diffusione del coronavirus, che nel Paese ha già contagiato oltre 63.929 persone e provocato 560 vittime. Cittadini e residenti devono limitare al minimo i contatti con altre persone e devono mantenere una distanza di 1,5-2 metri. È consentito stare all’aperto con persone che vivono nella stessa casa oppure un individuo può stare all’aperto con una persona che vive in una casa diversa, riporta Berlin Spectator. Le persone possono andare a lavorare, recarsi ad importanti appuntamenti con una persona, allo studio medico, a fare allenamenti e passeggiate o compiti necessari. Ma le persone che si riuniscono in gruppi o fanno feste saranno multate. I ristoranti possono vendere solo cibo da asporto. Parrucchieri e aziende simili sono chiuse e le aziende devono seguire rigidi regole igieniche.
La maggior parte dei punti ristoro e dei luoghi di divertimento sono chiusi, insieme a scuole, università e negozi non essenziali. Anche quando saranno allentate alcune restrizioni, le misure di distanziamento sociale probabilmente continueranno ad essere applicate agli anziani e a coloro che hanno patologie pregresse fin quando non ci sarà un vaccino, ha aggiunto Braun. Braun preferisce l’approccio utilizzato in Corea del Sud, che mescola test diffusi e tracciamento digitale per contenere la diffusione del virus.
In America Latina, il caso del Messico
Davanti alla tendenza generale alle frontiere chiuse e alla quarantena obbligatoria, il Messico è un altro dei Paesi che va controcorrente. Il Messico, con 993 casi e 20 vittime finora, non ha chiuso le frontiere aeree, non ha imposto limitazioni all’arrivo di viaggiatori tramite voli e non ha annunciato misure di quarantena obbligatoria o coprifuoco. Il Paese ha deciso di dare priorità ad altre misure che considera più efficaci in questa fase della pandemia. Da quando è stato identificato il primo caso il 28 febbraio, molti si sono chiesti perché il secondo Paese più grande dell’America Latina non adottasse misure più severe prima dello scoppio di un’epidemia.
Dal 28 febbraio, le autorità sanitarie hanno raccomandato di evitare di salutarsi con baci o dandosi la mano. Lo stesso presidente Andrés Manuel López Obrador è stato duramente criticato per aver continuato i suoi tour, in cui abbraccia decine di persone.
Il governo messicano sostiene che ogni misura sarà adottata a tempo debito, ricordando che il 14 marzo, quando c’erano circa 40 casi confermati, è stata anticipata parte della fase 2 del piano di emergenza pianificato per uno scenario con centinaia di contagiati.
Di conseguenza, sono state chiuse le scuole ed è stata avviata una “giornata nazionale a giusta distanza” per un mese, nella quale si raccomanda alle imprese di sospendere le attività non essenziali o di consentirle solo da remoto, ma anche di riprogrammare i grandi eventi. Tuttavia, il 19 marzo, il governo ha raccomandato pubblicamente (non obbligato) alla popolazione di restare a casa “se non è indispensabile uscire”.
A Città del Messico, è entrata in vigore la chiusura di bar, cinema, teatri e spazi dedicati allo sport, mentre i ristoranti sono ancora aperti. Al contrario della tendenza generale in altri Paesi, il Messico ha chiuso solo parzialmente una delle sue frontiere, quella che lo separa via terra dagli Stati Uniti, per viaggi non essenziali, misura decisa in accordo con Washington.