Coronavirus, Brasile al collasso: pochi test, ospedali pieni e fosse comuni, si teme 1 milione di contagiati solo nell’ultima settimana

Il Brasile potrebbe diventare un nuovo hotspot di coronavirus nel mondo: tante le criticità dagli ospedali ai test, ma Bolsonaro continua sulla sua linea
MeteoWeb

Allarme coronavirus in Brasile, che sembra essere destinato a diventare uno degli hotspot della malattia nel mondo. Le autorità sanitarie di Rio de Janeiro e di almeno altre quattro grandi città hanno avvertito che i loro sistemi sanitari sono sull’orlo del collasso, o già non possono più accettare nuovi pazienti. E gli esperti ritengono che il numero di infezioni, nel Paese di 211 milioni di abitanti, sia molto più alto di quello ufficiale.

Il ministero della Salute ha confermato circa 58mila casi di contagio e 4.016 morti, con i dati più gravi nella giornata di giovedì (3.700 nuovi casi, oltre 400 decessi, oggi sono 346). Ma gli scienziati delle università di San Paolo e Brasilia ritengono che il vero numero di persone infettate soltanto nell’ultima settimana sia compreso tra 587mila e 1,1 milioni. Nel frattempo, il ministero della Salute aveva stimato di aver la capacità di testare 6.700 persone al giorno, tuttavia al momento del picco serviranno 40mila test al giorno.

La paura più grande riguarda in particolare il rischio di diffusione del virus nei quartieri più poveri, le favelas, dove mancano i servizi di base, la popolazione vive in case spesso affollate, la sanità pubblica è poco presente e di scarsa qualità. Il sistema sanitario è in difficoltà in molte zone: nello Stato di Rio, sei su sette ospedali pubblici equipaggiati per curare il Covid-19 sono pieni e possono accettare malati solo quando altri guariscono o muoiono, secondo la segreteria per la Salute. L’unica struttura che ancora ha posti si trova a due ore di auto dal centro. La città di Rio prevede di aprire il suo primo ospedale da campo, con 200 letti per metà di terapia intensiva, e un altro viene allestito nello stadio Maracanà, dove da maggio saranno a disposizione 400 letti. Più a nord i reparti di terapia intensiva di Belem, nel Parà, sono tutti pieni, ha riferito G1, mentre almeno 200 operatori sanitari sono stati contagiati e mancano i medici. A Fortaleza i reparti intensivi sono pieni al 92%. Intanto a Manaus, principale città dell’Amazzonia, da giorni vengono scavate fosse comuni: i morti sono circa 100 ogni giorno, il triplo della media pre-pandemia, e per loro non c’è più posto nei cimiteri.

Il presidente Jair Bolsonaro, tuttavia, continua a sostenere che la malattia non sia grave, che le misure di distanziamento sociale non siano necessarie e che l’economia non debba fermarsi.  La scorsa settimana ha rimosso il ministro della Salute Luiz Henrique Mandetta, favorevole a rigide misure di contenimento sociale. Così mentre i governatori locali impongono misure di lockdown e confinamento, Bolsonaro è contrario: vuole che l’economia funzioni e le persone lavorino. La battaglia per riaprire l’economia è “un rischio che corro“, ha detto Bolsonaro al giuramento del successore di Mandetta, Nelson Teich.

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