Crescono i timori di un’ondata di ritorno del coronavirus in Cina. Nei giorni scorsi il presidente Xi Jinping ha esortato le autorita’ a controllare e frenare con maggiore attenzione i casi importati da altri Paesi. Hong Kong è stata già colpita dalla seconda ondata: all’inizio di marzo, c’erano solo 150 casi di infezioni da coronavirus, mentre ora ce ne sono quasi mille, di cui molti importati dall’estero.
Con queste paure crescenti, il sentimento d’intolleranza verso lo straniero ha raggiunto livelli preoccupanti. Trova manifestazione soprattutto attraverso le vignette di un cartoon divenuto popolare sui social e finito poi nelle maglie della censura. Il cartoon ha fatto emergere un sentimento di rivalsa dopo che i cittadini cinesi (in generale asiatici) erano stati trattati a livello globale come untori quando il contagio del coronavirus nel Paese, primo epicentro della pandemia, sembrava inarrestabile. Uno degli ultimi casi di intolleranza e’ emerso nella comunita’ africana della megalopoli Guangzhou, nel sud del Paese, che ha denunciato discriminazioni, tra persone rimaste senza casa in settimana o cacciate dagli hotel, malgrado sostenessero di non avere avuto precedenti di viaggi o contatti noti con malati di Covid-19.
Un fenomeno, ha riportato la Cnn, condizionato dall’allerta delle autorita’ di Pechino sui casi importati che ha generato forti sentimenti anti-stranieri. Eppure, sui 1.183 casi importati finora accertati, circa il 90% e’ costituito da cittadini cinesi (soprattutto studenti), ha chiarito il ministero degli Esteri, secondo cui la “Cina e i Paesi africani sin dall’inizio dell’epidemia continuano a sostenersi e il governo tratta tutti gli stranieri allo stesso modo e si oppone a pratiche differenziate per gruppi specifici”. Fatto sta che l’Unione africana e’ intervenuta esprimendo “estrema preoccupazione” per i fatti di Guangzhou, mentre Washington ha denunciato la “xenofobia” dei cittadini cinesi, mettendo in guardia la comunita’ afroamericana dai rischi di una visita nel capoluogo della provincia del Guangdong.
A Wuhan riprendono matrimoni ma semplificati

Intanto a Wuhan riprendono i matrimoni, anche se in maniera semplificata. In tempi normali la registrazione del matrimonio a Wuhan culminava con una cerimonia, dove gli sposi ricevono il certificato, pronunciavano il voto matrimoniale e sorridevano per le foto. Questo rituale, tuttavia, e’ stato sospeso in quanto la citta’ invita a continuare a vigilare contro la nuova epidemia. Gli uffici di registrazione del matrimonio di Wuhan hanno ripreso ad operare il 3 aprile e hanno iniziato a ricevere il primo gruppo di sposi questa settimana poiche’, in base a una nuova policy, i richiedenti devono effettuare una prenotazione con due giorni lavorativi di anticipo e prenotare diverse fasce orarie per evitare code e affollamenti.
Ieri, gli sposi hanno continuato a presentarsi all’ufficio di Wuchang. Prima di entrare, sono stati obbligati a presentare i codici sanitari, hanno ricevuto guanti usa e getta, si sono sottoposti al controllo della temperatura con un dispositivo di riconoscimento facciale e hanno fatto disinfettare le scarpe. Successivamente sono stati guidati davanti a una delle due finestre aperte per una registrazione di 15 minuti. Per completare i controlli d’identita’, hanno abbassato le maschere solo per alcuni secondi. Limitatamente alla regola della prenotazione, il 9 aprile l’ufficio ha ricevuto 20 coppie che volevano sposarsi, il numero piu’ alto dalla sua riapertura. La cifra e’ diminuita da diverse centinaia di coppie pronte a sposarsi prima dell’epidemia, ma il personale ha dichiarato che i loro telefoni “continuano a squillare” con le richieste di informazioni sul registro dei matrimoni. Ogni giorno una o due coppie si recano invece all’ufficio per chiedere il divorzio.