Dopo mesi di lockdown ferreo per bloccare l’epidemia di coronavirus, Wuhan torna alla normalità, come testimoniato dalle immagini della gallery scorrevole in alto a corredo dell’articolo. Molti Paesi europei si apprestano a seguire le orme verso la riapertura della zona divenuta epicentro dell’epidemia in Cina. Ma le insidie sono molte e il pericolo più grande è quello di incorrere in nuove ondate di contagio, che potrebbero essere addirittura più devastanti.
In Europa, l’Austria ha riaperto i negozi al dettaglio, cui seguiranno scuole e ristoranti. La Danimarca ha riaperto asili e scuole primarie da oggi e poi toccherà a ristoranti e luoghi di ritrovo. In Germania, le misure di contenimento sono in vigore fino al 19 aprile, ma si valuta già un possibile sblocco graduale accompagnato da tracciamento e confinamento dei contagiati, e l’edificazione di strutture dedicate per i pazienti che potrebbero avere bisogno della terapia intensiva. Anche in Italia, si stanno valutando le misure per la fase 2, ma il lockdown proseguirà fino al 3 maggio.
Ecco quali sono i principali fattori in gioco nella fase 2 dell’emergenza coronavirus, con eventuali pericoli annessi. Senza dubbio, la Cina e i Paesi asiatici più in generale rappresentano un buon esempio delle misure di contenimento che è necessario continuare a seguire per scongiurare il rischio di una seconda ondata.
Gli effetti delle misure adottate in Cina dal 24 gennaio, cioè rigido distanziamento sociale, tracciamento dei cittadini mediante app, blocco della mobilità, e chiusura degli impianti produttivi, sono stati descritti in un studio pubblicato sulla rivista The Lancet. In questo studio, Kathy Leung e colleghi hanno proposto una serie di scenari per la valutazione del rischio di una seconda ondata di infezioni, partendo dall’analisi delle dinamiche del contenimento dell’epidemia nelle province cinesi limitrofe all’epicentro e dai dati raccolti nel corso dell’epidemia (come età, sesso e dettagli dei movimenti dei pazienti, collegamenti a casi confermati, inclusa la descrizione di rapporti, orari di contatto ed eventi, data dell’esposizione, sintomi ed esordio, ricovero in ospedale, conferma della malattia, e data della successiva dimissione).
Dallo studio è emerso che un allentamento delle misure restrittive corrisponde all’innesco di un nuovo aumento esponenziale delle infezioni, che può essere contrastato solamente attraverso la reintroduzione delle medesime misure restrittive. Gli studi dimostrano dunque che i tempi per il ritorno alla normalità restano dettati dalle dinamiche dell’epidemia. Il parametro chiave rimane sempre l’indice di replicazione R, che misura il numero medio di persone che un singolo infetto può contagiare: al suo aumento corrisponde un peggioramento dell’infezione (se R>1, l’epidemia cresce, se R=1, l’epidemia si arresta, se R<1, l’epidemia regredisce). Secondo Leung, per evitare l’allungamento dei tempi dell’epidemia, la soglia utile corrisponde a un valore di R pari a 1.5. Secondo i calcoli, nel caso si superasse questa soglia, il tempo richiesto per tornare alla normalità potrebbe dilatarsi significativamente, arrivando a durare fino al doppio del tempo necessario a raggiungere il picco dei contagi. Emerge così l’importanza di definire i tempi di attuazione e rimozione delle misure sulla base dell’indice R per bloccare l’epidemia e tentare di tornare alla normalità. Il rischio è che si possa scatenare una nuova ondata di contagi, che potrebbe rivelarsi più duratura o più grave.
Le misure adottate dalla Cina si sono rivelate un’efficace risposta di contenimento per mantenere il valore di R inferiore a 1.5, ma hanno richiesto costi elevatissimi, sia per la perdita di opportunità economiche che per i costi sociali delle possibili gravi perturbazioni all’interno delle comunità. È importante che ogni Paese indaghi e valuti preventivamente l’effetto di ogni singolo intervento pensato per uscire dalla crisi e tornare alla normalità.
Le misure di contenimento adottate dall’Italia dall’inizio di marzo riprendono in modo sostanziale le strategie di distanziamento sociale applicate in Cina (anche se nel nostro Paese non sono state adottate le app di tracciamento, strumenti utili ma molto discussi per le questioni di violazione della privacy). Ora la situazione dell’epidemia nel nostro Paese risulta stabile, nonostante il numero dei decessi giornalieri si mantenga comunque elevato. Le notizie positive e incoraggianti arrivano dal calo dei ricoverati e dal numero di guariti giornalieri che si attesta su numeri alti. Per passare in sicurezza alla fase della riapertura, sono 2 i pilastri su cui poggiare le strategie, memori anche dell’esperienza negativa dei mesi scorsi: il sistema sanitario nazionale e la valutazione del rischio e delle misure di contenimento.
Sarà fondamentale che il Sistema Sanitario Nazionale sia pronto per rispondere efficacemente ad una nuova fase di crescita esponenziale dei casi: per questo bisognerà pianificare un adeguato numero di posti letto e attrezzature e controllare rigorosamente la salute del personale sanitario, sull’eccellente esempio della Germania, che in questo modo è riuscita a mantenere bassissimo il suo tasso di mortalità.
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Sarà importante anche valutare il rischio e le misure di contenimento, considerando il contributo e gli effetti sinergici di fattori ambientali (come l’inquinamento), demografici (come la densità e l’età della popolazione) e infrastrutturali (tra cui la mobilità a medio, lungo e corto raggio). Inoltre, potrebbe rivelarsi molto utile considerare l’applicazione degli interventi a seconda dei diversi contesti, come un modello di quarantena differenziata sulla base del rischio.