Coronavirus, l’infettivologo: “Immunità di gregge fondamentale, l’uso tempestivo di antinfiammatori e antibiotici aiuta a guarire”

L’infettivologo messinese Lorenzo Mondello apre all'approccio dell'immunità di gregge: "In estate farei venire in Sicilia almeno 20mila soggetti certificati come immunoprotetti"
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Da quando il premier britannico Boris Johnson ne ha parlato apertamente come possibile strategia del Regno Unito per contrastare l’epidemia di coronavirus, quello dell’immunità di gregge è un approccio che ha fatto molto discutere. Principio molto noto e affermato della medicina, l’immunità di gregge è una forma di protezione che una comunità grande o piccola sviluppa contro una malattia infettiva. Se una larga maggioranza della popolazione di quella comunità diventa immune all’infezione, tramite sviluppo naturale di anticorpi o con la vaccinazione, viene protetta anche la minoranza ancora teoricamente esposta al contagio, perché si interrompono le catene dell’infezione. E’ la strategia su cui stanno puntando diversi Paesi, tra cui Israele, Svezia e Paesi Bassi, per controllare la diffusione dell’epidemia nelle fasce più giovani della popolazione.

Foto di Emanuele Cremaschi / Getty Images

Ora a proporre l’immunità di gregge, che potrebbe rivelarsi come la vera arma contro il Coronavirus in Italia, è l’infettivologo messinese Lorenzo Mondello, già primario del reparto di malattie infettive dell’Ospedale Papardo. In un’intervista a L’Eco del Sud, l’esperto fa una proposta rivoluzionaria, in vista della prossima estate: aprire la Sicilia ai turisti provenienti dalle regioni italiane più colpite dall’epidemia. La richiesta include proprio i soggetti che hanno superato la malattia e hanno sviluppato gli anticorpi e in grado, quindi, di fare da barriera al virus. Questo favorirebbe la formazione dell’immunità di gregge e, allo stesso tempo, aiuterebbe il turismo e la ripresa dell’economia.

Mondello si dice anche convinto di come la risposta terapeutica al Covid-19 possa essere oggi più efficace grazie al ricorso tempestivo a comuni antinfiammatori e antibiotici, oltre che a un’adeguata rete di assistenza territoriale, venuta a mancare nella prima fase dell’emergenza.

Lorenzo Mondello

Se la Sars e la Mers non si sono più ripresentate perché ora ci stiamo preoccupando del vaccino? Possiamo disporre di armi terapeutiche che si stanno affinando dopo la triste fase di rodaggio. Che senso avrebbe produrre un vaccino per poi scoprire la presenza di altri ceppi mutati che vanificherebbero il lavoro?”, ha affermato Mondello. Riguardo alle critiche piovute su altri esperti che hanno sostenuto una tesi simile, l’esperto ha aggiunto: “Nella scienza ad alti livelli “c’è molta competizione”. Me lo disse Barbara Ensoli, il primo dicembre 2001. Lei lavorava alla preparazione di un vaccino per l’Hiv e annunciò in pompa magna che sarebbe stato fruibile nel giro di otto anni. All’epoca la intervistai per la Gazzetta del Sud e le chiesi se si poteva accelerare. Mi rispose di no perché non trovava giusto andare all’estero per registralo. “C’è molta competizione”, mi spiegò. Raoult, Tarro e Montagnier possono parlare fuori dal coro perché sono fuori dai giri commerciali, quelli delle multinazionali dell’industria farmacologica. Fuori dai giri degli incarichi politici, in senso stretto e sanitario”.

Sulla tesi di Montagnier di una manipolazione genetica con l’inserimento di sequenze di virus Hiv, Mondello replica:Solo il tempo potrà dire se quanto insinua Montagnier sia vero. Ora è impossibile. Basti pensare che lui stesso è stato protagonista di un braccio di ferro di quasi dieci anni con l’americano Robert Gallo sulla paternità della scoperta del virus dell’Aids. Che il Covid-19 sia un virus selvaggio non c’è dubbio. Intanto perché ha fatto il salto di specie oltre che per la sua elevata contagiosità”.

Per quanto riguarda l’attuale situazione del coronavirus, l’esperto spiega: Sostengo che si possa guarire intervenendo subito, nei primissimi giorni, con comuni farmaci, tra cui l’azitromicina e il betametasone. Per prevenire complicanze è sufficiente procedere, nella prima fase della malattia, quella viremica, cioè dell’iniziale replicazione virale, con una terapia cortisonica con effetto immunomodulante. Piccole dosi, associate all’azitromicina, un antibiotico, e all’antimalarico: l’idrossiclorochina, nota più comunemente come Plaquenil. Questa terapia, nelle prime fasi, può essere risolutiva in senso positivo”.

CoronavirusPer Mondello, è giusto quanto sostenuto da diversi cardiologi, secondo cui la vera causa dei decessi siano delle microtrombosi delle arteriole polmonari: “Un altro errore italiano è stato quello di fare poche autopsie. Qui, il problema serio è dato dalla coagulazione intravasale disseminata (l’acronimo è Cid) che va a ostruire le arterie polmonari. Si tratta di vasculiti che si manifestano nella fase infiammatoria. I polmoni vanno in distress funzionale, non per la polmonite interstiziale, ma perché non si ossigenano per l’ostruzione arteriosa che non porta l’ossigeno. Pertanto, i ventilatori non servono a nulla se non si va a scoagulare il sangue con l’eparina. L’autopsia doveva essere richiesta dagli ospedali per capire quali danni produce il Covid. Non si è fatto, probabilmente per i troppi morti. C’è stata una sottovalutazione della gestione clinica. Si sarebbe dovuto procedere a una decina di autopsie per ospedale, gestite dalle Regioni. Ogni medico può disporle. Il tempo chiarirà molte cose. E anche la magistratura”.

All’inizio è clamorosamente mancato l’aspetto dell’assistenza territoriale. Il Governo ha sopperito soltanto con il Dpcm del 20 marzo, istituendo le unità speciali di continuità assistenziale. Le Usca (l’Italia è il Paese degli acronimi) sono, oggi, competenti per i malati che non vengono ricoverati in ospedale. Li monitorano quotidianamente al loro domicilio, dalle ore 8 alle 20, per bloccare la malattia al primo stadio. Per questa ragione, adesso, si registrano meno ricoveri. Certo, parliamo di un virus dall’elevata contagiosità. Soprattutto in ambienti chiusi, come quelli delle case di riposo. Ritengo in ogni caso che non tutti i decessi siano avvenuti a causa del Covid, ma, tuttavia, non possiamo saperlo con certezza, non essendo stati eseguiti i riscontri autoptici. Negli anziani, sicuramente, si sono alterati degli equilibri. L’alterazione dello stile di vita, l’allontanamento dal luogo di residenza abituale, in persone di una certa età possono portare a scompenso psichico, responsabile di un circolo vizioso che può condurre alla morte. Basta anche un semplice intervento chirurgico di elezione. Ma non sappiamo quanti di loro siano davvero morti per un danno anatomico. Il numero considerevole è anche dovuto alla mancanza di assistenza territoriale”.

L’entità del contagio la vedremo presto, grazie ai test sierologici. Sicuramente verranno fuori numeri importanti sugli asintomatici”. Sulla possibile immunità dei pazienti guariti dal coronavirus, Mondello spiega: “Chi guarisce, nelle prime settimane non può ancora avere un numero adeguato di anticorpi. Vale per tutti i virus. Per questo, i guariti vanno ancora tutelati dopo le dimissioni. Vedremo in futuro l’entità quantitativa di questi anticorpi e se saranno duraturi. Particolarmente importante è l’immunità di gregge. Gli immuni fanno da barriera anche per chi non lo è. In proposito, ho lanciato una proposta interessante: ora viene l’estate e la Sicilia ha una chiara vocazione turistica. Se ci chiudiamo, danneggiamo noi stessi. Perché non creiamo l’immunità di gregge e perché l’economia soccombe. Per questa ragione, a luglio e agosto, farei venire nella nostra regione almeno 20mila soggetti certificati come immunoprotetti, provenienti dalla Lombardia per esempio. Renderemmo, così, un servizio sociale a queste persone, facendo loro apprezzare le bellezze paesaggistiche della nostra isola e, allo stesso tempo, aiuteremmo noi stessi. Anche economicamente”.

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