In questo periodo di lockdown “non solo le persone, ma anche il virus è stato chiuso in casa” ed “è per questo che non si è dato da fare come avrebbe potuto“. Ora, con la Fase 2, il rischio è che insieme alle persone anche il virus torni a circolare: “Il punto è fare in modo che questa circolazione“, che potrebbe essere “tutt’altro che trascurabile” con la ripresa delle attività, “non diventi ridisseminazione“. L’infettivologo Massimo Galli, docente all’università Statale di Milano e primario all’ospedale Sacco, ritiene “fondamentale declinare molto l’organizzazione della riapertura nelle singole attività. E’ la cosa che mi preoccupa di più – ha dichiarato all’Adnkronos Salute – perché non è una cosa facile“. “Abbiamo sicuramente la necessità di riprendere e sarebbe opportuno che si riprendesse in maniera sicura“. Ma “su questo non abbiamo garanzie, non le possiamo avere“.
Inoltre, secondo l’esperto, “è corretto mantenere l’autocertificazione” anche per gli spostamenti tra Comuni diversi della stessa regione. “E’ il tentativo di garantire comunque una realtà di spostamenti giustificabili. Perché ripeto, non è che da un giorno all’altro il virus scompaia“. Finora “abbiamo avuto il miglioramento avuto utilizzando un intervento drastico: chiudere la gente in casa“. “Dove di virus ce n’era molto, la gente è stata chiusa in casa con lui; molte di queste persone lo eliminano ancora” quindi “ci sono“, e riaprendo ancor più “ci saranno, molte persone che ritornano in circolazione e che verosimilmente il virus ce l’hanno ancora addosso. E’ questo il punto“. “Bisogna fare in modo che la circolazione non diventi ridisseminazione“.
“E’ chiaro che è difficile, per la sensibilità di molti, mettere le chiese allo stesso livello dei cinema piuttosto che dei teatri o degli altri locali chiusi dove si affollano numerose persone“, ed è vero anche che “ci sono le cattedrali enormi, le chiesette piccole e ogni genere di realtà. Però, di fatto, dove si raggruppano più persone il rischio di contagio c’è“, spiega l’infettivologo Massimo Galli, all’Adnkronos Salute, riferendosi al “nodo chiese chiuse”, oggetto di polemica in queste ore dopo l’annuncio del premier Giuseppe Conte sulle misure della Fase 2. In questo momento “la questione da considerare non è di tipo religioso, bensì di analogia tipologica“. Nelle realtà in cui “si può venire a costituire un assembramento di persone che comunque fanno fatica a mantenere le distanze, se non sono legate a un’attività produttiva essenziale la scelta non può che essere dolorosamente quella“: aspettare a riaprire. “In un momento come questo tocca tenere conto delle priorità“.