Coronavirus, la “lezione” dell’epidemia Spagnola: come alcune città hanno appiattito la curva epidemica nel 1918

La chiave per appiattire le curve del contagio della Spagnola nel 1918 fu il distanziamento sociale: dall'allentamento precoce delle misure restrittive, rischi di una seconda ondata
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Oggi il mondo è alle prese con la pandemia di coronavirus, che ha già contagiato oltre 2,7 milioni di persone e provocato la morte di oltre 190.000 individui. Circa 100 anni fa, invece, il mondo combatteva la Spagnola, la pandemia del 1918, durata fino al 1920, considerata la pandemia più mortale della storia moderna. Mentre il mondo oggi si ferma per tentare di arginare la diffusione del contagio, scienziati e storici studiano la pandemia del 1918 per ottenere indicazioni sul metodo più efficace per fermarla.

Dopo il primo caso conosciuto negli Stati Uniti, in una basa militare del Kansas nel marzo 1918, la Spagnola si diffuse nel Paese. Quando fu registrato il primo caso a Saint Louis, in Missouri, nell’arco di due giorni, la città vietò la maggior parte degli assembramenti pubblici e mise i pazienti in quarantena nelle proprie case. I casi rallentarono. Alla fine della pandemia, nel mondo morirono tra 50 e 100 milioni di persone, di cui oltre 500.000 americani. Ma il tasso di mortalità di Saint Louis risultò meno della metà di quello di Philadelphia.

Philadelphia rilevò il suo primo caso della letale influenza il 17 settembre 1918. Il giorno dopo, per tentare di fermare la diffusione del virus, le autorità della città lanciarono una campagna contro il tossire, sputare o starnutire in pubblico. Ma 10 giorni dopo, nonostante la prospettiva di un’epidemia alle porte, la città tenne una parata a cui parteciparono 200.000 persone. I morti a causa del virus furono stimati in circa 358 ogni 100.000 abitanti a Saint Louis e 748 ogni 100.000 abitanti a Philadelphia durante i primi 6 mesi della pandemia, ossia il suo periodo più letale.

Da National Geographic. Fonte: Markel H, Lipman HB, Navarro Ja, et al. Nonpharmaceutical interventions implemented by US cities during the 1918-1919 influenza pandemic. Jama.

Nel 2007, uno studio pubblicato sulla rivista Journal of the American Medial Association ha analizzato i dati sanitari del censimento degli Stati Uniti che ha subito la pandemia del 1918 e ha tracciato i tassi di mortalità di 43 città statunitensi. Lo stesso anno, due studi pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences hanno cercato di comprendere come le risposte abbiano influenzato la diffusione della malattia nelle diverse città. Confrontando i tassi di mortalità, il tempo e gli interventi di sanità pubblica, hanno scoperto che i tassi di mortalità erano di circa il 50% più bassi nelle città che avevano attuato presto le misure preventive rispetto a quelle che lo avevano fatto in ritardo o non l’avevano fatto del tutto. Gli sforzi più efficaci comprendevano chiudere simultaneamente scuole, chiese e teatri e vietare gli assembramenti pubblici. Questo avrebbe permesso di avere ulteriore tempo per lo sviluppo del vaccino (anche se non fu utilizzato che negli anni ’40) e di ridurre la pressione sui sistemi sanitari.

Da National Geographic. Fonte: Markel H, Lipman HB, Navarro Ja, et al. Nonpharmaceutical interventions implemented by US cities during the 1918-1919 influenza pandemic. Jama.

Implementando una serie di chiusure e rigidi controlli sugli assembramenti pubblici, le città di Saint Louis, San Francisco, Milwaukee e Kansas City hanno reagito più velocemente e più efficacemente: si ritiene che i loro interventi abbiano ridotto i tassi di trasmissione del 30-50%. La città di New York, che reagì per prima alla crisi con quarantena obbligatoria e orari di lavoro scaglionati, ebbe il tasso di mortalità più basso sulla costa orientale.

Un’altra importante conclusione tratta da questi studi è che allentare le misure di intervento troppo presto potrebbe causare un ritorno della malattia nelle città che si sono stabilizzate. Saint Louis, per esempio, era così incoraggiata dal suo basso tasso di mortalità che decise di rimuovere le restrizioni sugli assembramenti pubblici meno di due mesi dopo l’inizio dell’epidemia. La conseguenza immediata fu un’altra ondata di casi. Invece, delle città che mantennero le misure in vigore, nessuna sperimentò una seconda ondata di alti tassi di mortalità.

In sintesi, gli studi hanno svelato che la chiave per appiattire le curve del contagio della Spagnola nel 1918 fu il distanziamento sociale. E questo vale anche oggi, mentre il mondo lotta contro la pandemia del nuovo coronavirus. I drammatici cambiamenti demografici che si sono verificati nell’ultimo secolo, tuttavia, hanno reso sempre più difficile contenere una pandemia. La globalizzazione, l’urbanizzazione e le città più grandi e più densamente popolate possono facilitare la diffusione di un virus in un continente in poche ore, ma gli strumenti disponibili per reagire sono rimasti pressoché gli stessi. Oggi come allora, gli interventi di sanità pubblica rimangono gli strumenti principali contro una pandemia in assenza di un vaccino. Queste misure includono chiudere scuole, negozi e ristoranti, imporre il distanziamento sociale e restrizioni sui trasporti e vietare gli assembramenti pubblici. “Le lezioni del 1918, se ben ascoltate, possono aiutarci ad evitare di ripetere la stessa storia oggi”, afferma Stephen S. Morse, epidemiologo della Columbia University.

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