Oggi il mondo è alle prese con la pandemia di coronavirus. La nuova malattia ha provocato quasi 200.000 contagiati e 27.000 mila morti in Italia, ma da giorni ha notevolmente rallentato la sua corsa. Questa è solo l’ultima di tante pandemie che hanno seminato morte nel mondo. Restando nel secolo scorso, dopo la terribile pandemia di spagnola, che nel 1918 provocò tra 50 e 100 milioni di morti, nel 1957 un nuovo virus tornò a spaventare il mondo dopo essere emerso nell’Asia orientale: l’Asiatica.
Con quella pandemia, “fu molto diffuso ed evidente il fenomeno di polmoniti primariamente virali. In contrasto a quanto osservato nel 1918, le morti si verificarono soprattutto nelle persone affette da malattie croniche e meno colpiti furono i soggetti sani. Il virus dell’Asiatica (H2N2) era destinato ad una breve permanenza tra gli esseri umani e scomparve dopo soli 11 anni, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 Hong Kong”, riporta l’Iss. Nel complesso i morti di quell’anno in Italia furono 484 mila, di cui circa 30 mila a causa dell’Asiatica. Ma i decessi totali furono 16 mila in meno rispetto all’anno precedente, secondo i dati dell’Istat.
Nel 1956, ci furono 50 mila morti in più rispetto al 1955, concentrati nel periodo invernale e in corrispondenza delle età anziane. “È opportuno osservare che la variazione del numero di morti nel 1956, rispetto all’anno precedente, è stata per oltre l’80% concentrata nel primo trimestre dell’anno. In particolare, nel mese di febbraio del 1956 si sono registrati 69.739 decessi, 30.730 e 29.918 morti in più rispetto allo stesso mese, rispettivamente, del 1955 e del 1957”, rileva l’Istat.
Nel febbraio del 1956, dunque, in Italia ci sono state più vittime che per tutta l’epidemia di Asiatica nel Paese, più del doppio. Quell’anno, infatti, vi fu un’ondata di gelo e neve particolarmente feroce in Europa, che colpì duramente anche l’Italia. Il 27 gennaio 1956, un potente ammasso di aria fredda in quota e al suolo si staccò dalle alte latitudini per scendere verso la Scandinavia, raggiungendo in due giorni la Svezia, la Finlandia, e poi vaste zone d’Europa, compresa l’Italia, che non uscì dalla morsa del gelo fino al 20 febbraio. Il febbraio 1956 fu un mese eccezionale per quantità, persistenza e vastità della diffusione del gelo.
La fase critica in Italia iniziò l’1 febbraio ed il 2 febbraio la Pianura padana fu sotto l’isoterma -15°C a 850hPa, mentre la -20°C abbracciò interamente le Alpi e bufere di neve interessarono tutto il nord. L’isoterma di -35°C a 500hPa raggiunse Roma, provocando una nevicata storica. Già il 4 febbraio tutte le precipitazioni, in atto su buona parte dell’Italia, erano nevose. Il 7 febbraio, bufere e temperature gelide arrivarono a colpire anche tutto il Sud, fin sulle coste siciliane.
Il 13 febbraio, nuove intense nevicate colpirono il Centro, spostandosi il giorno successivo verso il Sud, mentre il gelo dominava le regioni centro-settentrionali. Gelo e precipitazioni insistettero ancora nei giorni successivi e nuove nevicate si ripeterono in particolare il 18 febbraio su tutto il Centro-Nord. Nel febbraio 1956, le temperature nelle città del Nord precipitarono sotto i -10°C, in particolare Torino si avvicinò addirittura ai -20°C.
Eloquenti i grafici seguenti, che mostrano come il grande gelo del febbraio 1956 uccise più dell’Asiatica che avrebbe colpito l’anno seguente.