“In questi giorni si parla molto di vitamina D per prevenire e affrontare al meglio il Covid-19, ma è davvero possibile che una vitamina possa ridurre il rischio di contagio?“. E’ quanto si chiede il dottor Vincenzo Liguori, biologo nutrizionista, che sulla propria pagina Facebook ha fatto il punto su un tema molto caldo e attuale. “Per comprenderlo dobbiamo fare innanzitutto riferimento ad una recente ricerca messa a punto dai professori Giancarlo Isaia e Enzo Medico, i cui risultati sono stati apprezzati dagli esperti dell’Accademia di Medicina di Torino. Quanto rappresentato nello studio, però, non è una terapia né a scopo preventivo né a scopo curativo. Si tratta semplicemente di raccomandazioni – prosegue Liguori -. Nel documento, seguito alla ricerca dal titolo «Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19», si legge: ‘In riferimento alle misure utili per contrastare gli effetti della pandemia da Coronavirus, riteniamo opportuno richiamare l’attenzione su un aspetto di prevenzione, meno noto al grande pubblico, l’Ipovitaminosi D il cui compenso, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, potrebbe contribuire a superare questo difficile momento. Sulla base di numerose evidenze scientifiche e di considerazioni epidemiologiche, sembra che il raggiungimento di adeguati livelli plasmatici di Vitamina D sia necessario anzitutto per prevenire le numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, ma anche per determinare una maggiore resistenza all’infezione COVID-19 che, sebbene con minore evidenza scientifica, può essere considerata verosimile‘”.
Ciò che Liguori fa notare è che non si parla di prevenzione per evitare il contagio, ma di prevenzione di patologie croniche legate all’ipovitamiosi D, che potrebbe evitare ulteriori complicanze nel caso di infezione Covid-19. “Si tratta pertanto di una raccomandazione utile per tutti – spiega il nutrizionista –, ma in particolare per chi è contagiato, per i propri cari e per le persone più vicine fisicamente, per il personale sanitario, per gli anziani fragili, per gli ospiti delle case di riposo, per le donne in gravidanza, per le persone in regime di quarantena e per tutti coloro che per vari motivi non si espongono sufficientemente alla luce del sole. In particolare in Paesi come l’Italia, che è uno di quelli a maggiore prevalenza di ipovitaminosi D. Inoltre nel nostro Paese il 76% delle donne anziane presentano forti carenza di vitamina D”.
Dunque resta da chiedersi, la vitamina D previene il contagio? “Nel documento si parla di «Motivazioni scientifiche a supporto degli effetti antiinfettivi della Vitamina D», con un elenco di diverse review su come questa vitamina possa aiutare a ridurre l’incidenza di infezioni delle vie respiratorie e dunque i casi di influenza comune. Ma come ben sappiamo quella dovuta a Coronavirus non lo è. Che fare dunque? La vitamina D, di certo, male non fa – chiosa Liguori – ma deve essere prescritta e assunta solo a seguito di analisi specifiche dalle quali si evinca un’effettiva carenza. Prenderla indiscriminatamente e con il metodo fai da te può risultare dannoso, perché come spiega anche l’Istituto Superiore di Sanità, “un eccesso di vitamina D può causare calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito, diarrea. La vitamina D, in conclusione, non previene il contagio da Coronavirus, ma assumerla in caso di carenza aiuta ad evitare ulteriori complicanze nel momento in cui l’infezione di Covid-19 dovesse sopraggiungere” conclude l’esperto.