Coronavirus, i medici di Bergamo spiegano il disastro nella provincia: “Lockdown urgente e test agli operatori sanitari avrebbero limitato epidemia e morti”

Gravi ritardi nell'individuare il coronavirus e nell'implementare le misure di protezione e contenimento hanno provocato una tragedia in provincia di Bergamo
MeteoWeb

Nel ricostruire le tappe dell’esplosione del contagio nell’area, i medici di Bergamo spiegano gli errori commessi nella gestione dell’emergenza coronavirus in tutta la provincia, che hanno determinato un bilancio drammatico tra contagi e vittime. A firmare l’analisi sulla ‘lezione’ ricevuta da questa emergenza sono, tra gli altri, Stefano Fagiuoli, direttore della Gastroenterologia del Papa Giovanni XXIII e il collega di Anestesia e Rianimazione Luca Lorini, insieme al direttore dell’Istituto Mario Negri Giuseppe Remuzzi, in una lettera sul ‘New England Medicina Journal’.

“I ritardi nel riconoscere il SARS-CoV-2 nei pochi infetti ricoverati nel piccolo ospedale di Alzano Lombardo e i ritardi nell’attivazione di misure per proteggere gli altri pazienti, il personale ospedaliero e le visite, così come nell’implementazione di adeguate misure di contenimento nei paesi dei pazienti, hanno permesso al virus di diffondersi rapidamente nella città di Bergamo”, scrivono gli esperti nella lettera. “La provincia non è stata messa in lockdown fino all’8 marzo, 2 settimane dopo i primi casi documentati all’ospedale di Alzano il 23 febbraio. Da allora, il virus ha fatto ammalare migliaia di persone, molte delle quali si sono recate al pronto soccorso dell’ASST Papa Giovanni XXIII, un ospedale di riferimento per i pazienti altamente bisognosi in tutta la provincia, e sono stati ricoverati. Questi pazienti hanno rapidamente sopraffatto la capacità dell’ospedale, costringendo ad una grande riorganizzazione guidata da un team di crisi istituito il 23 febbraio”, continuano.

L’unità di malattie infettive è stata riconfigurata per curare solo i pazienti con Covid-19 e gli altri pazienti sono stati ridistribuiti in tutto l’ospedale o, quando possibile, dimessi. Decine di pazienti venivano ricoverati ogni giorno e il numero dei ricoveri giornalieri aumentava in maniera continua. Per separare i pazienti con Covid-19 dagli altri, è stato necessario creare unità Covid-19 nei reparti di medicina interna e di chirurgia, sia per adulti che pediatrici. Il 28 marzo, i pazienti con Covid-19 occupavano 498 letti dei 779 dell’ospedale”, scrivono gli esperti. “Le difficili decisioni sui pazienti ai quali assegnare i ventilatori sono state prese utilizzando un punteggio cumulativo del paziente che teneva conto dell’urgenza dei bisogni di ciascun paziente e delle possibilità di beneficiare del trattamento. Dei primi 510 pazienti con Covid-19 confermato che sono stati ricoverati, il 30% è morto. Dopo settimane di lavoro per dottori e infermieri, la mortalità totale dell’ospedale è scesa da una media di 17-18 (e un picco di 19) decessi al giorno a 2 decessi al giorno, simile alla media di 2,5 decessi al giorno registrati prima del Covid-19”.

Dall’esperienza di Bergamo possono essere tratte due grandi lezioni”, scrivono. “Primo, tutti gli operatori sanitari negli ospedali, nelle case di riposo e nella comunità avrebbero dovuto essere testati per il Covid-19 e quelli risultati positivi avrebbero dovuto essere isolati, anche se asintomatici. I medici sono stati inizialmente trascurati durante i tentativi di identificare e isolare le persone contagiate, che erano concentrati sui pazienti malati. Per questa ragione, e perché un completo equipaggiamento protettivo personale non è stato reso immediatamente disponibile, soprattutto ai medici di famiglia, sono morti 19 dottori della provincia di Bergamo (tutti tra 62 e 74 anni). La seconda e più importante lezione è che avrebbe dovuto essere attuato un lockdown regionale urgente e deciso per contenere l’epidemia. Questo passo avrebbe potuto ridurre il numero dei casi di Covid-19, impedito che gli ospedali venissero sopraffatti e potenzialmente limitato il numero di morti nella provincia”, concludono gli esperti.

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