Coronavirus, Giorgio Tirabassi racconta il suo lockdown: “Ormai ho preso questo ritmo, sarà difficile tornare alla normalità”

Giorgio Tirabassi ha raccontato il suo lockdown: "Ormai sono abituatissimo, anzi ho preso questo ritmo, sarà difficile tornare alla normalità
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Giorgio Tirabassi è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì dalla mezzanotte e trenta alle sei del mattino.

Il popolare attore ha raccontato il suo lockdown: “Ormai sono abituatissimo, anzi ho preso questo ritmo, sarà difficile tornare alla normalità. La normalità mi sembra che sia questa qui adesso. Io ho una casa in campagna, sto spesso fuori, ho un giardino, rispetto a chi ha l’obbligo di stare in un appartamento piccolo con qualcuno che magari gli sta anche antipatico, sono fortunato. Con un po’ di vergogna ammetto che per me è stato un periodo molto bello. Mi rendo conto che non è stato per tutti così e comunque è bene che si torni alla normalità. Il cinema e il teatro? C’è chi magari può andare a messa, ma non si capisce perché non si possa andare a teatro. E’ un periodo difficile non solo per chi sta sul palcoscenico ma anche per chi sta dietro. Questo periodo è stato una disgrazia che ha preso tutto il mondo. Chi era fortunato si è ritrovato a fare un periodo non dico di vacanza ma quasi, chi invece era in difficoltà ha visto aumentare i suoi problemi“.

Sui suoi esordi: “Volevo diventare un insegnante di ginnastica. Insegnavo in una palestra, avevo fatto ginnastica artistica per diversi anni. Vennero ad iscriversi due ragazzi in palestra, mentre io facevo lezione ai ragazzini il pomeriggio. Uno di questi era uno dei miei vecchi compagni di banco. Lo riconobbi in quel momento, mi disse che frequentava una scuola di recitazione, me ne parlò, mi disse di fare una prova per entrare. Ho detto perché no. Ho provato. Alla fine sono entrato in questa scuola di recitazione, ho  cominciato a fare i ruoli più disparati, dall’animazione per bambini al mimo. Ho fatto un po’ di lavori, poi feci un provino per entrare in compagnia con Proietti e ci sono rimasto per qualche anno. E’ stato fantastico. In quel momento Proietti era un attore rivoluzionario, era il più importante d’Italia. Ha sdoganato tante cose, inserendo anche il dialetto e la musica nella prosa“.

Sull’ispettore Ardenzi di Distretto di Polizia: “Per strada la gente pensava che fossi davvero un poliziotto. Mi si avvicinavano persone, anche poliziotti, e mi dicevano ‘salve collega’. Una volta invece mi successe una cosa molto figa. Avevo fatto Ultimo, che aveva tutto un gruppo di carabinieri che agivano in borghese. C’erano ancora i negozi di dischi, dove tu andavi e sfogliavi i dischi. Sarà stato il 99. Mi si avvicina un ragazzo con i capelli lunghi e mi fa ‘ah, ho visto il film che hai fatto su Ultimo, complimenti. Comunque io sono Alabama’. Alabama era il nome di battaglia che utilizzava in incognito per lavorare. Mi ha fatto venire un brivido dietro alla schiena. Nei miei confronti ho sempre avvertito un grande affetto da parte delle forze dell’ordine. Abbiamo avvicinato le forze dell’ordine alla gente. Andavamo alle feste della polizia, ci sentivamo anche un po’ fuori contesto, ma ci volevano tutti un bene incredibile. E’ stato un periodo interessante, anche perché questa serie ha fatto un botto incredibile. Quando io e Ricky Memphis andavamo a lavorare insieme c’era il pubblico che ci aspettava e quando ci vedevano ci si buttavano sul cofano tipo Beatles. Ridevamo come pazzi, era una cosa anche abbastanza imbarazzante, però molto bella“.

Sul malore accusato tempo fa: “Ho sempre scelto di vivere il privato in maniera privata. Chi investe nel privato per avere una immagine pubblica più forte. E’ una scelta, non ho nulla contro chi lo fa. Io però amo che il privato sia privato. Purtroppo quella notizia è uscita fuori e io avrei preferito che non uscisse. Mi e’ arrivato un sacco di affetto da parte della gente, ma se non se ne fosse parlato sarei stato più contento. Ho smesso di fumare, non perché mi sono spaventato, non te ne accorgi nemmeno, quando muori muori. Il problema è per chi rimane, dai un dolore a tutte le persone che ti vogliono bene. Ho mia moglie, i miei figli, i miei amici. L’ho fatto più per gli altri che per me“.

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