L’evoluzione della pandemia di Coronavirus in Italia è sempre più confortante: nell’ultimo mese, i pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono crollati dai 4.068 del 3 aprile ai 1.501 di ieri, 3 maggio. Non abbiamo il vaccino, non abbiamo una cura farmacologica, ma i protocolli seguiti per curare i pazienti affetti da Covid-19 si stanno dimostrando sempre più efficaci. In modo particolare l’eparina sta consentendo di prevenire i danni più seri perchè evita le trombosi disseminate che tra Febbraio e Marzo erano state la principale causa di morte negli ammalati di Coronavirus, che venivano curati per delle polmoniti.
Fondamentale è stata la scoperta del prof. Alessandro Mascitelli, Direttore del Centro Flebologico Labronico presso la Casa di Cura Villa Tirrena di Livorno, che insieme al prof. Mario Pertini dell’Università di Pisa già a fine febbraio aveva evidenziato l’importanza dell’eparina già a domicilio nei pazienti positivi al Covid-19 che erano a rischio trombosi, seppur senza sintomi. E’ questa terapia che sta consentendo di curare molti ammalati prima che arrivino in Ospedale. E la terapia intensiva, adesso, non serve più. Abbiamo raddoppiato i posti letto in tutt’Italia proprio mentre scoprivamo come curare la malattia senza che si dovesse arrivare in terapia intensiva.
Proprio nei giorni scorsi, le indicazioni dei docenti toscani sono state confermate da uno studio degli ospedali universitari olandesi che hanno analizzato 184 pazienti con Covid-19: i risultati dello studio “rinforzano la raccomandazione di applicare rigorosamente la profilassi antitrombotica in tutti i pazienti Covid-19“, scrivono gli autori che aggiungono come “invece di trattare tutti i pazienti con infezioni da Covid-19 con terapia anticoagulante, i medici dovrebbero essere attenti ai segni di complicazioni trombotiche“.
Negli ultimi giorni abbiamo parlato a lungo anche dei successi della plasmaterapia, che secondo uno studio pubblicato su The Journal of Infectious Diseases “può interrompere la diffusione del SARSCoV-2, ma non è in grado di ridurre la mortalità nei pazienti gravemente malati con la malattia in fase finale. Il plasma dei convalescenti in linea teorica dovrebbe essere più efficace quando dato all’inizio della malattia (prima del 14° giorno o durante la fase della viremia o sieronegativa). Il fallimento del plasma dei convalescenti per ridurre la mortalità potrebbe essere attribuito al momento della trasfusione, data in media al giorno 21,5 durante la diffusione virale. Al contrario, un paziente grave a cui è stata fatta la trasfusione al giorno 11 della diffusione virale è guarito“, scrivono gli autori.
Insomma, l’importante è occuparsi subito del paziente prima che la malattia si aggravi. In ogni caso, tutti i fronti delle cure efficaci dimostrano come il Coronavirus viene curato prima che il paziente sia costretto al ricovero in terapia intensiva.
Queste evidenze scientifiche dimostrano come in Italia il sistema sanitario ha sbagliato tutto nella cura del Covid-19: agendo con questo tipo di protocolli sin dall’inizio, si sarebbero potute salvare molte vite umane. Soprattutto perchè l’eparina dovrebbe essere data a tutti i pazienti allettati, in modo particolare nei reparti di terapia intensiva, a prescindere dal Coronavirus.
Peccato che in pochi abbiano preso sul serio l’invito all’utilizzo di eparina già a fine Febbraio, mentre in altri Paesi iniziavano a farne scorte. Il nostro sistema sanitario nazionale, invece, sta ancora aspettando la chimera di farmaci e vaccini che chissà se e quando arriveranno, e l’Italia ha il triste primato del più alto numero di morti rispetto alla popolazione nazionale.