Con circa 5 milioni di euro l’anno l’Italia è al primo posto tra i Paesi mediterranei e al secondo in tutta Europa, subito dopo il Regno Unito, per finanziamenti pubblici all’energia dal mare. A rivelarlo è il primo rapporto del progetto europeo OceanSET 2020, che ha analizzato investimenti e sviluppo tecnologico di 11 Paesi europei[1]. Per l’Italia i dati sono stati raccolti ed elaborati da ENEA, che opera come rappresentante nazionale presso il SET-Plan Ocean Energy, il gruppo che implementa il Piano Strategico europeo di sviluppo delle tecnologie energetiche marine. ENEA, inoltre, è impegnata attivamente nel campo dell’energia dal mare sia con lo sviluppo di prototipi per lo sfruttamento energetico delle onde (impianto PEWEC) che con modelli climatologici e di previsioni ad alta risoluzione del moto ondoso (Waves) e delle maree (MITO).
“Il settore dell’energia dal mare in Italia sta entrando in una fase operativa, precommerciale, grazie alle sperimentazioni in corso di prototipi sviluppati da enti di ricerca come ENEA, CNR e RSE, università e grandi aziende nazionali dell’energia”, spiega Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio ENEA di Modellistica Climatica e Impatti. “Ora è necessario consolidare questa posizione attraverso una programmazione di medio termine dei finanziamenti pubblici alla ricerca e il supporto degli incentivi allo sviluppo di questo settore delle rinnovabili. E, a questo proposito, siamo in attesa del nuovo decreto FER2 che potrebbe dare un ulteriore grande slancio al nostro settore”, aggiunge Sannino.
In Europa la disponibilità di risorse energetiche marine è maggiore lungo la costa atlantica (in particolare in Irlanda e Scozia), ma il mar Mediterraneo non è da meno, anzi offre opportunità interessanti sia per produzione energetica che per sviluppo di tecnologie. Le aree con il più alto potenziale di energia dalle onde sono le coste occidentali della Sardegna e della Corsica, ma anche il Canale di Sicilia e le aree costiere di Algeria e Tunisia, dove il flusso medio di energia oscilla tra i 10 e i 13 kW/m. Mentre l’energia dalle maree può essere ‘estratta’ principalmente nello Stretto di Messina, dove la produzione di energia potrebbe arrivare a 125 GW/h l’anno – una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico di città come la stessa Messina – grazie allo sfruttamento delle correnti che raggiungono velocità superiore a 2 metri al secondo. In questo contesto l’Italia si posizione come il paese più avanzato del bacino mediterraneo per ricerca e sviluppo di dispositivi, guadagnandosi una posizione di rilievo a livello internazionale. Infatti, le competenze scientifiche e industriali italiane, unite alle favorevoli condizioni climatiche del nostro mare, hanno consentito finora di condurre test meno rischiosi e più economici sui dispositivi hi-tech e di progettare sistemi innovativi sempre più efficienti per l’estrazione di energia.
Secondo il rapporto “Ocean SET 2020”, gli stanziamenti pubblici degli 11 Paesi europei presi in esame nel rapporto solo stati pari a 26,3 milioni di euro, ma solo 6 paesi hanno adottato politiche specifiche per lo sfruttamento dell’energia di maree e moto ondoso a fini energetici (oltre l’Italia, Francia, Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna).
Tra gli obiettivi a breve e medio termine, l’Unione europea ha posto la riduzione del costo del kWh dell’energia dalle maree (da 0,15 €/kWh nel 2025 a 0,10 €/kWh nel 2030) e dall’energia delle onde (da 0,20 €/kWh nel 2025 a 0,10 €/kWh nel 2035). A livello tecnologico, invece, sono stati finanziati 79 progetti di ricerca, di cui 57 per l’energia dalle onde e 22 dalle maree: in Italia i prototipi più promettenti sono 5, di cui 4 per le onde e 1 per le maree. Ma tra tutte queste iniziative, sono dodici i progetti europei (7 per l’energia dal mare e 4 dalle maree) più promettenti, che hanno raggiunto un livello molto avanzato di sviluppo tecnologico, consentendo di creare 200 nuovi posti di lavoro. Con una differenza significativa tra i due gruppi: i sistemi per l’estrazione di energia dalle maree utilizzano come tecnologia principale la turbina ad asse orizzontale, mentre per le onde non esiste un sistema predominante e questo lascia ampio margine alle sperimentazioni che spaziano da impianti a punti galleggianti fino a quelli a colonna d’acqua oscillante; ma tutti – considerato il loro elevato livello di maturità (TRL 7) – sono stati testati in ambienti operativi reale. Solo in Italia esistono siti di prova che si trovano a Pantelleria, Reggio Calabria, Napoli e in Adriatico.
Lanciato nel 2019, il progetto Ue OceanSET – di cui ENEA è partner – ha l’obiettivo di fare il punto sulle tecnologie e i meccanismi di finanziamento attivi negli stati europei per promuovere una conoscenza condivisa su questa nuova fonte di energia pulita, su cui l’Europa potrebbe guadagnare la leadership a livello mondiale con un giro d’affari potenziale di oltre 50 miliardi di euro l’anno e la creazione di 400mila nuovi posti di lavoro al 2050. Ma l’impegno di ENEA nei progetti dedicati all’energia del mare è stato intenso negli ultimi anni, con la partecipazione a progetti finanziati tra gli altri dal Fondo di Sviluppo Regionale Europeo (PELAGOS). A novembre 2019 inoltre è partito il progetto Interreg-MED BLUE DEAL, che ha lo scopo di superare le attuali restrizioni tecniche e amministrative alla diffusione della Blue Energy e di definire procedure e requisiti adeguati a supportare le decisioni nel rispetto dei vincoli normativi, ambientali e sociali. BLUE DEAL mira a identificare le migliori pratiche per la pianificazione, il collaudo e l’integrazione delle procedure per l’impiego della Blue Energy nelle regioni mediterranee e a stabilire un piano comune per la diffusione di queste tecnologie nell’area mediterranea. In circa tre anni verranno organizzati laboratori locali e transnazionali in diverse località costiere del Mediterraneo per coinvolgere le parti interessate, eseguire e verificare processi partecipativi di pianificazione e stabilire alleanze tra i settori pubblico e privato.