La paura del terremoto dopo 2 mesi di lockdown “ha messo a dura prova gli italiani: avremmo potuto rischiare una mancata reattività”

Se il terremoto di questa notte, avvertito soprattutto a Roma, avesse provocato morti e danni, "avremmo potuto trovarci davanti a una mancata reattività"
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Se dopo questi due mesi di lockdown avessimo avuto un episodio vero di sisma con macerie, feriti, danni e distruzione avremmo sfiorato molto drammaticamente il limite di resistenza degli italiani. Le condizioni di reazione a uno stress ulteriore che viene scagliato contro la popolazione generale è un elemento imprevedibile che mette a dura prova l’equilibrio e la capacità di reazione. Ma quest’ultima, negli esseri umani, per fortuna ha radici profonde nella resilienza. Allora lo choc iniziale, il trauma, la paura sono elementi di grande sofferenza, stress e angoscia, però occorre dire che si è trattato di una emozione e non di un fatto concreto“: lo ha dichiarato all’Adnkronos Salute Massimo Di Giannantonio, professore ordinario di psichiatria all’università ‘D’Annunzio’ di Chieti-Pescara e presidente della Società italiana di psichiatria. Se il terremoto di questa notte, avvertito soprattutto a Roma, avesse provocato morti e danni, “avremmo potuto trovarci davanti a una mancata reattività proprio per l’esaurimento delle risorse reattive. Quella di stanotte è stata per fortuna solamente un’emozione forte, spiacevole, ma a cui possiamo far fronte dando fondo alle energie che sono annidate nell’animo umano e che si chiamano resilienza. Certo, è stata un’ulteriore prova, un ulteriore stress ma non condito da lutti o perdite economiche e quindi oggi possiamo ancora padroneggiare la situazione“.
Gli italiani – precisa lo psichiatra – hanno subito e superato una delle prove più drammatiche dalla seconda guerra mondiale. Hanno dunque sulle loro spalle e con l’esperienza culturale delle generazioni, saputo far fronte a una crisi davvero importante. Certo che se si dovesse tornare dalla fase 2, dalla riapertura, dalla ripresa, a una regressione alla fase 1, certamente ci dovremmo aspettare un picco nella sofferenza individuale, familiare, lavorativa e delle relazioni sociali. E non sarebbe sufficiente il ricorso alle risposte virtuali” di sostegno psicologico. “Però diciamo che il distanziamento sociale e la reazione che gli italiani hanno messo in campo per aver capito la pericolosità del momento, ci dà una speranza positiva: abbiamo reagito in modo consapevole, pieno, adulto e maturo“.

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