Una ricerca pubblicata su “Infection, Genetics and Evolution” da un gruppo di studiosi guidato da Francois Belloux, dell’Istituto di Genetica dell’University College di Londra, ha concluso che l’evoluzione del nuovo Coronavirus nelle diverse parti del mondo è caratterizzata da alti livelli di omoplasia, si starebbe cioè adattando all’uomo.
I ricercatori hanno analizzato 7666 sequenze di Sars-CoV-2 provenienti da numerosi Paesi e hanno registrato almeno 198 mutazioni emerse in modo indipendente (omoplasie): quasi l’80% delle mutazioni ricorrenti ha prodotto cambiamenti a livello di proteine, suggerendo un possibile adattamento in corso di SARS-CoV-2.
E’ particolarmente significativo il fatto che le mutazioni si siano concentrate in almeno 4 siti specifici di cui uno è la proteina Spike, quella che il virus usa per “agganciarsi” alle cellule umane: “Il fatto che in questi siti ci siano più di 15 mutazioni può indicare un’evoluzione convergente e sono di particolare interesse nel contesto dell’adattamento della SARS-CoV-2 all’ospite umano,” si spiega nella ricerca.
Poche ore fa il Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, si era soffermato sull’argomento in un post su Facebook, nella consueta “Pillola di ottimismo“. Il virologo ha spiegato: “Questo studio, dopo una complessa analisi di 7666 sequenze di SARS-CoV-2 provenienti da numerosi paesi di varie aree geografiche e raccolte fino al 20 aprile scorso, arriva a due importanti conclusioni.
La prima è che l’origine temporale del virus può essere stimata tra il 6 ottobre ed il 11 dicembre 2019 (quindi ben prima dei cosiddetti “primi casi” del mercato di Wuhan di fine dicembre 2019). Le implicazioni di questa nuova datazione sarebbero enormi, in quanto si dimostrerebbe quello che molti sospettano da tempo, cioè che i numeri e le curve epidemiologiche di COVID-19 in Cina fornite il 10 marzo 2020 da Zunyou Wu a CROI, WHO, e CDC sono sbagliati (e probabilmente di molto, su questo torneremo in futuro). Ricordo che sui numeri “cinesi” si sono basati sia il famoso modello Ferguson/Imperial del 16 marzo 2020 che i tre modelli pubblicati su Science tra aprile e maggio 2020. Modelli che, come sappiamo, formano l’impalcatura scientifico-epidemiologica dell’argomento politico in favore dei “lockdowns”, delle “travel restrictions”, e delle chiusure delle scuole. Non esattamente un dettaglio, direi.
La seconda conclusione è che l’evoluzione di SARS-CoV-2 nelle diverse parti del mondo è caratterizzata da alti livelli di omoplasia. Ricordo che l’omoplasia (homoplasy) è il fenomeno per cui un virus muta in modo “indipendentemente simile” in diverse aree geografiche, e senza avere un progenitore comune. L’articolo è molto tecnico, e magari è per questo che è stato discusso poco, chissà. Ad ogni modo la presenza di omoplasia così marcata (pensate che è stata trovata anche in Islanda, dove in tutto ci sono stati 1.800 casi e 10 morti) ed in così breve tempo porta evidenza scientifica – indiretta ma solidissima – a favore dell’ipotesi di un rapido, progressivo e convergente adattamento di SARS-CoV-2 all’ospite umano. Siccome i dati globali sulla letalità cruda di COVID-19 indicano che questa diminuisce col tempo in ogni sito epidemico, e siccome la maggior parte degli adattamenti virus-host vanno nella direzione di una ridotta patogenicità (cfr. G. Silvestri “Il Virus Buono”, Rizzoli editore, 2019), solo degli analfabeti della virologia possono tacciare di “pseudo-scienza” l’ipotesi secondo cui tale robusto pattern di mutazioni omoplasiche possa risultare in un fenotipo virale a virulenza attenuata.”