Sul banco degli imputati – senza prove concrete, e forse neppure indizi – sale una delle prelibatezze della tavola.
La Cina, riporta il South China Morning Post, ha sospeso le importazioni di salmone dai fornitori europei: prima del salmone, era stato incastrato il tagliere su cui veniva tagliato il salmone “importato“, nel mercato di Xinfadi, da cui si sarebbe originato il nuovo focolaio di Coronavirus nel Paese. Il giornale di Hong Kong scrive che i principali supermercati di Pechino hanno fatto sparire il salmone dagli scaffali, così come è scomparso dalle carte dei ristoranti, anche se, per gli esperti, è molto difficile che il pesce di per sé possa aver veicolato il virus.
La nuova ondata di contagi si ritiene, almeno “in via preliminare“, sia stata “provocata dalla trasmissione da uomo a uomo” o da “un’infezione dovuta alla contaminazione di articoli e ambiente“, ha detto ieri sera Chen Bei, numero due del governo municipale di Pechino.
Dall’11 al 16 giugno i dati ufficiali hanno riportato 137 contagi accertati.
Secondo Shi Guoqing, vice direttore del Centro d’emergenza del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, citato dall’agenzia ufficiale Xinhua, non ci sono prove per incriminare il salmone: ha specificato che il salmone “contaminato” è stato trovato in alcuni siti interessati del mercato di Xinfadi, ma non è stata rilevata la presenza di coronavirus nel salmone prima dell’arrivo nelle aree contaminate.
La Norvegia è intervenuta, affermando che il suo salmone non è stato la causa dell’epidemia di Coronavirus che si è verificata nei giorni scorsi a Pechino, che ha portato allo stop delle vendite: “Il caso è in fase di risoluzione“, ha dichiarato il ministro della pesca. “Oggi stiamo lavorando ai dettagli e posso confermare che la questione sembra essere stata risolta“.
I funzionari cinesi e norvegesi si sono incontrati e hanno concluso che è improbabile che il salmone norvegese sia la fonte del virus rilevato la scorsa settimana sul mercato all’ingrosso di Xinfadi a Pechino.