Un nuovo studio clinico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele suggerisce l’efficacia dell’anticorpo monoclonale mavrilimumab nel trattamento di pazienti COVID-19 con polmonite e iper-infiammazione sistemica in corso. I risultati sono stati pubblicati oggi sulla rivista Lancet Rheumatology.
A condurre la ricerca è Giacomo De Luca, reumatologo, con il coordinamento del professor Lorenzo Dagna, docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele e primario dell’Unità Clinica di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare. La sperimentazione fa parte del maxi studio clinico osservazionale su Covid-19 coordinato dal professor Alberto Zangrillo, prorettore dell’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore delle Unità di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare, e dal professor Fabio Ciceri, vice direttore scientifico per la ricerca clinica e docente di Ematologia e Trapianto di Midollo dell’Ateneo.
La sperimentazione è stata condotta su 39 pazienti con polmonite e infiammazione sistemica in corso, non sottoposti a ventilazione meccanica e ricoverati presso il San Raffaele di Milano tra marzo e aprile. La quasi totalità dei soggetti erano maschi, con un’età media di 57 anni. Di questi, 13 pazienti sono stati trattati con una singola dose di mavrilimumab somministrato per via endovenosa, in aggiunta alla terapia antivirale standard per Covid-19. Gli altri 26 hanno costituito un gruppo di controllo e hanno ricevuto solo la terapia standard.
I risultati dello studio sono molto incoraggianti: nei pazienti trattati con mavrilimumab, dopo 28 giorni si è registrato un miglioramento clinico nel 100% dei casi, rispetto al 65% del gruppo di controllo. un solo 1 paziente ha avuto necessità (peraltro solo momentanea) di ventilazione meccanica, corrispondente all’8% dei trattati, rispetto al 35% dei pazienti del gruppo di controllo ma soprattutto non si è registrato nessun decesso tra le persone che hanno ricevuto mavrilimumab, mentre nel gruppo di controllo il 27% dei pazienti non è purtroppo sopravvissuto alla malattia.
“Siamo stati in grado di dimettere i pazienti trattati con mavrilimumab in media 10 giorni prima rispetto al gruppo di controllo. Lo studio dimostra ancora una volta che la componente infiammatoria di Covid-19 gioca un ruolo fondamentale nelle forme gravi della malattia. Agire precocemente su questa componente può fare la differenza,” spiega Giacomo De Luca, primo nome dello studio.
Mavrilimumab è infatti un farmaco sperimentale ad azione immuno-soppressiva. Agisce bloccando una molecola, chiamata GM-CSF, che viene prodotta dal sistema immunitario e costituisce uno dei primi anelli della catena infiammatoria. Il farmaco è al momento in sperimentazione per l’arterite a cellule giganti e uno dei centri coinvolti è proprio il San Raffaele, con il gruppo del professor Lorenzo Dagna.
“L’idea di bloccare la molecola GM-CSF per contrastare Covid-19 è nata proprio dalla nostra esperienza sull’arterite a cellule giganti. Oggi siamo i primi al mondo a dimostrare che si tratta di una strategia sicura ed efficace in COVID-19” afferma Lorenzo Dagna, coordinatore dello studio. “Sono risultati che confermano l’importanza di interferire il più in alto possibile nella cascata di segnali infiammatori che causa la malattia, ma che dovranno essere confermati in studi più ampi, in cui poter controllare l’efficacia del farmaco rispetto a un placebo.”
A questo scopo, l’Ospedale San Raffaele ha già avviato in collaborazione con l’ IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e l’IRCCS Policlinico San Donato uno studio multicentrico randomizzato per valutare l’efficacia di mavrilimumab in una popolazione più ampia di pazienti, al fine di trarre conclusioni definitive (studio COMBAT-19; ClinicalTrials.gov: NCT04397497).