Assistiamo ormai da mesi al ping pong di accuse tra USA e Cina riguardo l’origine del nuovo coronavirus. La tesi sostenuta dalla maggior parte degli esperti del settore è che il virus abbia fatto il salto di specie all’uomo nel mercato di animali vivi di Wuhan, città epicentro dell’epidemia a fine 2019. Ma la Cina ha un’altra idea, accusando l’Esercito americano di aver portato l’epidemia a Wuhan in occasione delle Olimpiadi militari che si sono tenute proprio in questa città ad ottobre 2019, a cui hanno partecipato centinaia di atleti dell’Esercito USA. Dal canto suo, Donald Trump ha sostenuto di avere le prove, ma di poterle rivelare, sul fatto che il nuovo coronavirus sia fuoriuscito dall’Istituto di Virologia di Wuhan.
In un servizio della trasmissione Le Iene, a cura di Luigi Grimaldi con Michele Antonelli, Denise Santiago e Lorenzo Sgattoni, andato in onda il 23 giugno, vengono analizzate “alcune circostanze sospette e uno strano legame tra laboratori di biocontenimento statunitense e cinesi”. Il servizio pone l’ipotesi che il coronavirus non sia nato in un laboratorio cinese, bensì in uno americano.
Da gennaio 2018, il laboratorio di Wuhan è considerato al massimo livello di sicurezza biologica ed è fiore all’occhiello della ricerca scientifica cinese. Questi elementi consentono ai ricercatori di “coltivare e studiare microrganismi mortali, come Ebola e i Sars-Coronavirus”, riporta il servizio. Che descrive anche due dei più importanti laboratori di biosicurezza di livello 4 al mondo, che si trovano a Fort Detrick, in Maryland. Sono il NIAID, diretto da Anthony Fauci, famoso immunologo oggi a capo della task force governativa contro l’emergenza coronavirus negli Stati Uniti. “La premessa, che è fortemente supportata da evidenze scientifiche, è che il virus non è stato deliberatamente modificato o deliberatamente cambiato”, sono le parole di Fauci riportate nel servizio de Le Iene. L’altro laboratorio è l’USAMRIID, principale centro militare americano per la ricerca sulle contromisure da adottare in caso di guerra biologica, diretto dal virologo Sina Bavari, considerato uno dei massimi esperti nella ricerca sul virus Ebola.
“Nel febbraio 2018, la rivista di virologia del laboratorio di Wuhan pubblica uno studio proprio sui coronavirus dei pipistrelli: è la ricerca svolta a Wuhan su un campione di virus e sangue umano prelevati nella città di Jinning, a più di 1.000km di distanza. Già due anni fa, gli esperti cinesi avrebbero scoperto un nuovo Sars-Coronavirus del pipistrello che infetta direttamente l’essere umano senza bisogno di passare attraverso un ospite intermedio”, riporta il servizio citando le parole dello studio cinese. “Nello studio ci sono alcune frasi che fanno pensare ad una possibile correlazione con il COVID-19 di oggi”. “I ricercatori cinesi sono andati a valutare 220 persone che vivevano nella zona di Yunnan e hanno fatto uno studio sierologico. Hanno trovato 6 persone che avevano gli anticorpi per il coronavirus dei pipistrelli. Non si può escludere che possa essere un progenitore. Potrebbe appartenere agli stessi virus che erano stati isolati precedentemente”, afferma Matteo Bassetti, direttore della clinica Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.
I virus isolati 2 anni fa a Wuhan, dunque, potrebbero essere i nonni o i genitori del COVID-19. Alla fine dello stesso studio cinese, sono stati indicati i finanziatori della ricerca e tra questi c’è proprio il NIAID di Fort Detrick con un finanziamento di oltre 3 milioni di dollari. Sina Bavari, inoltre, è tra i membri del comitato scientifico della rivista di virologia del laboratorio di Wuhan che ha pubblicato questo studio. “Gli americani sarebbero sia i finanziatori che i valutatori dello studio cinese. Sono interessati in prima persona a lavorare su quei virus. E infatti nei laboratori americani di livello di biosicurezza 4 di Fort Detrick si svolgono particolari ricerche denominate GOF, esperimenti di guadagno di funzione che coinvolgono la sindrome respiratoria da coronavirus. Ricerche che erano state sospese da Barack Obama nel 2014 per motivi di sicurezza e riprese solo nel 2017 con l’avvento di Donald Trump”, riporta il servizio.
Questi esperimenti sul guadagno di funzione dei Sars-Coronavirus “riguardano la creazione, il trasferimento o l’uso di agenti patogeni dal potenziale pandemico potenziato, cioè si sviluppa e si fa evolvere la pericolosità dei virus a scopi scientifici, ovviamente per poi poterlo combattere con degli antivirali o dei vaccini. Quindi, gli americani a Fort Detrick potrebbero aver studiato gli stessi virus che hanno studiato prima di loro i cinesi di Wuhan”, prosegue il servizio, che poi sottolinea come l’8 marzo 2019, Bavari abbia pubblicato uno studio in cui veniva confermata la scoperta di un nuovo antivirale in grado di combattere le sindromi respiratorie provocate dai coronavirus. Si trattava del Remdesivir, che proprio oggi ha ricevuto il via libera dell’Ema come primo farmaco anti-COVID-19. “I virus del pipistrello scoperti a Wuhan con il finanziamento del NIAID potrebbero essere stati tra quelli studiati e potenziati a Fort Detrick da Sina Bavari per testare il Remdesivir”, sintetizza il servizio.
A luglio 2019, il laboratorio di USAMRIID, che tra le altre cose, gestisce anche virus pericolosi come Ebola e Antrace, era stato chiuso improvvisamente per un incidente di biocontenimento ma la notizia era stata diffusa solo il 2 agosto. A luglio, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) aveva emesso un ordine di cessazione, bloccando tutte le ricerche a Fort Detrick, sostenendo di non avere i sistemi sufficienti per decontaminare le acque reflue nel laboratorio di massima sicurezza, riportava un servizio di Fox 5. Il New York Times, pochi giorni dopo, ha riportato che i CDC avevano citato “motivi di sicurezza nazionale” per la chiusura del laboratorio, “che è un modo per mettere il segreto di stato alla vicenda e così non dare spiegazione”, precisa il servizio de Le Iene. Inoltre, viene puntualizzato che il laboratorio ha ricevuto l’ordine di sospendere le ricerche dal CDC il 15 luglio dopo una ispezione di giugno.
Ma non è finita qui perché viene riportato anche un servizio della ABC dell’11 luglio, in cui si dava la notizia di “due morti, dozzine di residenti infettati in Virginia da una malattia respiratoria nella casa di riposo di Greenspring”, parlando di “epidemia mortale in Virginia” con “54 persone ammalate negli ultimi 11 giorni con sintomi che vanno da una brutta tosse alla polmonite”. Dopo 2 giorni, l’epidemia compare in un’altra casa di riposo vicina, con 25 persone ammalate ma nessun morto. Secondo i funzionari della sanità americani, non esisteva alcun collegamento diretto con Greenspring. Quindi, fa notare il servizio delle Iene, la chiusura del laboratorio di Fort Detrick è arrivata 3 giorni dopo le notizie di due epidemie scoppiate in due case di riposo a 7 miglia di distanza l’una dall’altra e circa 80 miglia da Fort Detrick.
Per rimettere insieme tutti i pezzi che possano ricollegare queste epidemie al laboratorio, Le Iene tracciano diverse linee di collegamento: “Vicinissimo alle due case di riposo c’è Fort Belvoir, un ospedale per i militari che, tra gli altri, assiste anche quelli di Fort Detrick. Questo ospedale assiste anche i veterani di guerra delle forze armate americane che vivono anche dentro le due case di riposo”. Quindi in teoria, esiste la possibilità di un contagio di coronavirus che potrebbe essere fuoriuscito da Fort Detrick e potrebbe essere arrivato alle case di riposo, evidenzia il servizio de Le Iene. E questo si collegherebbe a quanto sostenuto dalle autorità cinesi, cioè che il coronavirus sarebbe stato portato in Cina dai militari americani in occasione delle Olimpiadi Militari di ottobre 2019. “Almeno due atleti dell’ospedale militare situato vicino alle case di riposo dove c’è stata l’epidemia sospetta di luglio sarebbero andati a Wuhan per le Olimpiadi di ottobre 2019. Ma se dei militari americani inconsapevolmente avessero davvero portato un virus potenziato a Wuhan, si sarebbe dovuta avere una prima diffusione del contagio tra i 10.000 militari presenti al villaggio olimpico”, spiega il servizio.
A questo punto, viene riportata la testimonianza del militare italiano Matteo Tagliariol, che aveva partecipato ai Giochi di Wuhan nella specialità della scherma. Tagliariol parla di “moltissime persone della delegazione italiana e di altre delegazioni” che “dopo pochi giorni si sono ammalate di influenza”. “In quei giorni c’era moltissima gente che aveva questa forma virale”, continua Tagliariol, citando sintomi come tosse e febbre alta. Questi militari potrebbero essere stati infettati dai colleghi americani, da quelli cinesi o anche dalla popolazione di Wuhan.
Intanto, il ping pong tra Cina e Stati Uniti continua e chissà se avremo mai una risposta sull’origine del virus che in poco tempo ha mandato in crisi il mondo con una pandemia.