Le giornate si allungano, il clima si fa sempre più mite e come ogni anno è tempo di pensare alle vacanze. Mai come quest’anno si sente il bisogno di staccare dal quotidiano ma, complice l’attuale emergenza sanitaria, le abitudini degli italiani probabilmente cambieranno. L’allentarsi della morsa delle restrizioni al movimento, infatti, sembra non illudere troppo i cittadini che dichiarano di tardare nella prenotazione delle prossime vacanze e viaggi a causa della situazione in corso. Solo il 23% mette tra le priorità l’acquisto di pacchetti vacanza e molte meno (il 7%) l’acquisto di voli aerei. In generale, il 65% degli italiani afferma che prenoterà le vacanze solo quando si sentirà effettivamente sicuro di potersi spostare.
Una situazione che porta a riconsiderare il concetto tipico di vacanza, se è vero che per il 32% degli italiani quest’anno ciò significherà viaggi brevi e prevalentemente in zone vicine alla propria residenza.
Una cosa sembra certa però: dopo tanti giorni di chiusura la voglia di uscire rimane tanta e la priorità è quella di stare all’aria aperta: il 40% degli italiani dichiara infatti che la prima cosa che farà nella prima vacanza possibile sarà immergersi nella natura.
E allora via libera a lunghe passeggiate, brevi gite fuoriporta, con la voglia di riappropriarsi di quei luoghi che regalano benessere come parchi, prati e percorsi tra i boschi e in montagna.
La vita all’aria aperta: benessere e rischi
Per godere di tutto questo con serenità è bene non abbassare la guarda rispetto al rischio di incontrare pericolosi compagni di viaggio, le zecche, che possono causare la TBE, l’encefalite da zecca.
Gli amanti degli sport outdoor come il trekking, le arrampicate, la mountain bike, o chi pratica campeggio, orienteering e attività all’aria aperta deve sapere che le zecche sono parassiti di dimensioni molto piccole che vivono succhiando il sangue agli animali, ma possono anche mordere gli esseri umani che praticano attività all’aria aperta o che vivono nelle zone maggiormente a rischio. I morsi di zecca non sono pericolosi di per sé, ma in alcune regioni le zecche possono essere infettate da batteri, virus e parassiti e, mentre si nutrono del sangue umano, possono trasmettere gravi malattie come la TBE.
Questa si manifesta con sintomi quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare e nausea e, nei casi più gravi, può coinvolgere il sistema nervoso centrale e provocare problemi neurologici a lungo termine e sporadicamente al decesso.
Resta però una patologia ancora poco nota in Italia ed esiste poca consapevolezza dei rischi e delle forme di prevenzione attuabili.
La diffusione delle zecche è un fenomeno che non ha ancora una spiegazione scientifica; una delle ipotesi discusse è che l’aumento delle temperature abbia determinato alcune condizioni favorevoli allo sviluppo di questo parassita per un maggior periodo dell’anno. Per questo motivo e per l’avvicinarsi della stagione estiva, le occasioni di entrare a contatto con la natura, e dunque con le zecche, crescono sensibilmente.
“La vita all’aria aperta diventa, oggi più che mai, fondamentale per il benessere psicofisico delle persone costrette per tanti giorni a non poter uscire o a limitare gli spostamenti” – dichiara il Dott Alberto Tomasi, Presidente della Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni (SIMVIM) – “Tutelare la nostra salute deve rimanere però la nostra priorità anche nei brevi percorsi, tra prati o in montagna ed è necessario salvaguardarci da tutte le potenziali occasioni di rischio. Quindi godiamoci la vita all’aria aperta ma con un occhio vigile alle insidie di piccole dimensioni, come le zecche, che possono provocare gravi patologie come l’encefalite da zecca, prevenibile attraverso una semplice vaccinazione, efficace e sicura, una profilassi consigliata a bambini e adulti che risiedono o si recano nelle aree endemiche”.
TBE: pericolosa e poco conosciuta, ma prevenirla si può
Già da una ricerca svolta in 20 Paesi europei da GfK SE per conto di Pfizer, era emerso un grado variabile di conoscenza sia della malattia che delle forme di prevenzione. Tra i Paesi fortemente endemici (come la Finlandia, l’Austria, la Repubblica Ceca) e quelli parzialmente endemici (come l’Italia, la Germania e la Svezia) i dati evidenziano uno scostamento rilevante: nel primo caso, è dell’80% la percentuale di quanti conoscono la malattia (vs il 59%) e il 70% sa dell’esistenza del vaccino (vs il 37%).
In particolare, in Italia 1 intervistato su 3 conosce la TBE, 1 su 2 nel Triveneto, zona fortemente endemica; 1 su 10 è a conoscenza sia della patologia che dell’esistenza di un vaccino per prevenirla e, tra questi, il 2% conosce e ha effettuato la vaccinazione, percentuale che sale al 4% nelle zone endemiche del Paese.
Quando si tratta della cura, sia in Italia che nel resto d’Europa, gli intervistati ritengono, erroneamente, che la TBE possa essere trattata con gli antibiotici e che questi siano senz’altro almeno parte del percorso terapeutico.
Tra quanti sono consapevoli della malattia e dei suoi rischi, il 6% pensa, correttamente, che non ci sia nessuna cura per la TBE, mentre il 45% non sa quali siano i trattamenti necessari.
Pfizer e la campagna di prevenzione
Si muove in questa direzione la campagna informativa di Pfizer sulla prevenzione dell’Encefalite da zecca (TBE), che con una serie di video pillole ripercorre situazioni potenzialmente a rischio per la possibilità di trasmissione della TBE, perché ci si comporta con leggerezza o per mancanza di informazioni, come ad esempio una partita tra amici al “campetto”, lo jogging tra i boschi, un tranquillo pic-nic di famiglia o la partenza per sessioni di trekking in zone endemiche (aree in cui la TBE è costantemente presente) che, in Italia, corrispondono attualmente alle aree del Triveneto.
Sviluppata con un linguaggio divertente e dal tono leggero, pur mantenendo rigore scientifico e veicolando le informazioni corrette, la campagna sarà attivata su molteplici canali di comunicazione per sensibilizzare sui rischi e la prevenzione della TBE, che vede proprio in questo periodo il picco della sua trasmissione.
Parlarne col proprio medico è necessario per conoscere le forme di prevenzione (1 persona su 3 di quelle che si sono vaccinate lo ha deciso dopo aver parlato con il proprio medico; tra i non vaccinati, invece, circa il 25% ha dichiarato di non sentirsi a rischio o di non vivere in zone considerate a rischio come motivazione principale, mentre il 15% non si vaccina perché non è solito visitare zone endemiche) e alla fine di ogni video pillola Pfizer rinnova l’invito a farlo.
“Vorrei per inciso far presente come la pandemia in atto abbia riportato attenzione e consapevolezza sul grande valore della prevenzione individuale e collettiva.” – riprende Tomasi – “Nel caso specifico, abbiamo ad esempio sperimentato sulla nostra pelle come l’assenza di un vaccino per malattie gravi ed inedite possa comportare misure straordinarie che possono inficiare anche la libertà individuale. In realtà, ciò vale in linea generale a chiarire e rafforzare un concetto fondamentale e sempre valido: la vaccinazione va vista come un’opportunità per tutti, per un futuro libero da malattie che oggi possono essere prevenute proprio grazie ai vaccini. E tra queste, seppur con le dovute differenze dovute alle modalità di trasmissione della malattia, mi preme ricordare anche l’importanza che riveste il vaccino contro l’insidiosa Encefalite da zecca, soprattutto per chi svolge attività all’aria aperta – anche di tipo lavorativo – e si reca nelle zone endemiche.”
L’encefalite da zecca, seppur poco diffusa, rimane una malattia molto pericolosa e in crescita: negli ultimi 30 anni i casi di TBE sono aumentati del 400% in Europa.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) raccomandano la vaccinazione contro l’encefalite da zecca alle persone che vivono o visitano le zone in cui questa malattia è endemica[4]. Si tratta di una profilassi raccomandata nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, la vaccinazione è offerta gratuitamente ai residenti della regione Friuli Venezia Giulia, nelle province autonome di Trento e Bolzano, e nella provincia di Belluno.