Terremoto Nuova Zelanda: l’Ingv spiega le varie fasi e lancia la sfida online

Terremoti con magnitudo così elevata come quello della Nuova Zelanda vengono registrati dai sismosmetri di tutto il mondo: l'Ingv spiega le onde sismiche
MeteoWeb

“Alle 14:50 del 18 giugno 2020, è avvenuto un terremoto di magnitudo Mwp 7.1 con epicentro in una zona dell’Oceano Pacifico a Sud delle isole Kermadec, 620 km a NE dalle coste settentrionali della Nuova Zelanda. L’area colpita – spiegano gli esperti Ingv – si colloca nella Fossa delle isole Kermadec (Kermadec Trench) in cui la placca pacifica si approfondisce sotto la placca australiana con una velocità di circa 60 mm/anno, generando frequenti terremoti di magnitudo significativa (ad esempio due eventi con magnitudo superiore a 8 avvenuti nel 1917 e nel 1976).

L’evento ha prodotto onde sismiche che sono state risentite debolmente in Nuova Zelanda ed un’allerta tsunami che è però rientrata dopo circa 30 minuti, senza evidenti anomalie del livello marino registrato dai mareografi.

Terremoti con magnitudo così elevata vengono registrati dai sismosmetri di tutto il mondo. Il grafico in evidenza mostra sismogrammi di 30 minuti registrati da strumenti posti a distanza crescente dall’epicentro (da 0 gradi per una stazione collocata all’epicentro fino a 180 gradi per una stazione agli antipodi). E’ un tipo di grafico ormai classico per la sismologia da decenni. Ha anche un nome: si chiama infatti grafico Jeffreys-Bullen ed è anche grazie a queste osservazioni che oggi sappiamo che l’interno della Terra ha regioni diverse: la crosta, il mantello, il nucleo.

Ogni linea orizzontale sul grafico rappresenta un sismogramma, in cui si vedono diverse ondulazioni ognuna delle quali corrisponde all’arrivo una diversa fase delle onde sismiche (per esempio onde P, onde S) che dipende dal percorso effettuato all’interno della Terra. Più lontano è il sismometro dall’ipocentro, più lungo è il percorso, più tardi arriveranno le onde.

I sismologi – chiariscono gli esperti Ingv –  hanno elaborato un intricato sistema per dare un nome a questi diversi arrivi. Ad esempio sappiamo che ci sono le onde che vanno direttamente dall’ipocentro alla stazione: le onde P (la fase delle onde compressive che arrivano per prime, da cui la lettera P) e le onde S (onde trasversali rispetto alla direzione di propagazione che arrivano per “seconde” da cui la lettera S). Ma poi ci sono una serie di fasi più complicate. Ad esempio poco dopo le P arrivano le onde PP, onde P riflesse dalla superficie verso l’interno della Terra che riemergono più distante. Poi ci sono quelle riflesse 2 volte, che si chiamano PPP.

Qui riportiamo i nomi che i sismologi utilizzano per le diverse fasi:

P sono le onde dirette compressive
S sono le onde dirette trasversali (o di taglio)
K sono le onde P che attraversano la parte esterna del nucleo (fuso)
I sono le onde P che attraversano il nucleo, ma la parte interna (solida)
J sono le onde S che attraversano il nucleo interno

—– non ci sono onde S che attraversano il nucleo esterno

PP sono le onde P riflesse dalla superficie una volta
PPP sono le onde P riflesse dalla superficie due volte
SP sono le onde S riflesse dalla superficie e trasformate in onde compressive
PS sono le onde P riflesse dalla superficie e trasformate in onde di taglio
c sono le onde riflesse dalla regione che separa tra il nucleo (core) ed il mantello
i sono le onde riflesse dal confine tra nucleo interno e nucleo esterno
Pdiff e Sdiff sono le onde difratte al confine tra nucleo e mantello.

Quindi ad esempio le onde che attraversano il mantello (P) e poi il nucleo esterno (K), poi di nuovo il mantello (P) per riemergere dalla parte opposta e si chiamano PKP. Le PKIKP invece sono le onde che attraversano il mantello, il nucleo esterno, il nucleo interno, il nucleo esterno ed il mantello di nuovo. Le PKiKP invece….

Ma torniamo al grafico. Sapreste riconoscere le varie fasi? Per esempio, quali sono le onde P? Conoscete un sismologo professionista o un geologo? Sfidatelo online!”

 

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