“Qualche giorno fa in provincia di Caltanissetta un’altra aquila di Bonelli tra quelle equipaggiate con trasmettitore satellitare GSM/GPS nell’ambito del progetto LIFE ConRaSI, è stata salvata dalla squadra che si stava occupando del monitoraggio, dopo essere finita dentro un pozzo per la raccolta d’acqua in aperta campagna“: lo spiega il WWF in una nota.
“Questo evento è la replica di un episodio già accaduto nel settembre del 2017, quando un altro giovanissimo maschio di aquila era rimasto intrappolato in una cisterna. Anche in quell’occasione l’individuo fu provvidenzialmente salvato dal team di progetto che monitora quotidianamente i dati inviati dai trasmettitori satellitari, grazie ai quali si rilevano anche anomalie della mobilità degli esemplari.
Questa volta quindi è toccato ad un immaturo di due anni di età, nato in provincia di Agrigento, ritrovato in buona salute all’interno del pozzo, fortunatamente privo d’acqua e con un’apertura molto ristretta.
L’intervento sul campo è stato deciso dopo una dettagliata analisi dei dati sospetti che il trasmettitore aveva cominciato ad inviare e da cui si evinceva una evidente difficoltà di movimento dell’aquila. I tecnici sono quindi intervenuti tempestivamente, recandosi sul posto alla ricerca dell’aquila. Ernesto, questo il nome della giovane aquila, è stato salvato grazie alla collaborazione del gruppo professionale di discesa del CAI di Catania della sezione dell’Etna e ai tecnici del progetto LIFE ConRaSi che hanno improvvisato una “rampa di risalita” per l’aquila con teli e reti mimetiche annodate. Il rapace, dopo momenti di esitazione e rendendosi conto della nuova situazione, si è finalmente arrampicato, usando i suoi potenti artigli, lungo tutto il serpentone di stoffe annodate e, dopo una sosta sul bordo del pozzo, ha infine spiccato un potente e liberatorio volo verso l’orizzonte.”
Ora Ernesto vola di nuovo libero, prosegue il WWF, “monitorato costantemente insieme ad altre 15 aquile dagli studiosi siciliani.
Risulta ormai evidente il pericolo che questi rapaci corrono in Sicilia a causa di pozzi e cisterne, talvolta in disuso e fatiscenti, distribuiti in tutto il territorio siciliano ed utilizzati dalle prede (specialmente piccioni) come riparo e addirittura come strutture per nidificarvi. I grossi rapaci, infatti, sono soliti inseguire le loro prede e, quando queste si rifugiano in queste strutture, le seguono rimanendo intrappolati e quindi condannati a morirvi dentro.
Oltre a Bart ed Ernesto, un’altra Aquila di Bonelli, anche questa munita di trasmettitore satellitare, è stata rinvenuta tempo addietro, però già morta, insieme ad un altro giovane esemplare della stessa specie (ma sfornito di trasmettitore satellitare) in un altro pozzo in disuso ma pieno d’acqua in provincia di Enna.
Considerando che soltanto una limitata frazione delle aquile siciliane è monitorata attraverso i trasmettitori satellitari, mentre è molto preoccupante l’incidenza di questa causa di mortalità tra gli esemplari controllati, gli specialisti del progetto ritengono che il pericolo “pozzi e cisterne” per questi animali sia concreto.” Perciò il WWF “ha cominciato a interpellare le competenti autorità territoriali, per verificare la possibilità di effettuare un censimento delle strutture, primo passo per selezionare una corretta strategia d’intervento.”