Coronavirus, il New York Times elogia l’Italia: “Da paria a modello per USA ed Europa, ora molto lontani dallo stato di panico di marzo”

“Dopo un inizio titubante, l’Italia ha consolidato, o almeno mantenuto, i benefici di un duro lockdown nazionale attraverso un mix di sorveglianza e conoscenze mediche ottenute dolorosamente”
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L’Italia è passata dall’essere un paria globale a un modello, sebbene imperfetto, per il contenimento virale che dà lezione ai suoi vicini e agli Stati Uniti“. Lo si legge sul New York Times in una lunga corrispondenza da Roma su come il nostro Paese abbia affrontato l’epidemia di coronavirus. “I suoi ospedali sono praticamente vuoti di pazienti Covid-19. I decessi giornalieri attribuiti al virus in Lombardia, la regione settentrionale che ha subito il peggio della pandemia, oscillano intorno allo zero. Il numero dei nuovi casi giornalieri è piombato ad “uno dei più bassi in Europa e nel mondo”, si legge nell’articolo, che cita Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. “Oggi, nonostante un piccolo aumento nei casi questa settimana, gli italiani sono cautamente ottimisti sul fatto di aver il virus sotto controllo”.

Nell’articolo, si spiegano le ragioni della svolta nel nostro Paese. “Dopo un inizio titubante, l’Italia ha consolidato, o almeno mantenuto, i benefici di un duro lockdown nazionale attraverso un mix di sorveglianza e conoscenze mediche ottenute dolorosamente”, riporta l’articolo, che poi cita gli oltre 20 indicatori sul virus che vengono raccolti quotidianamente e inviati alle autorità regionali e poi all’Istituto Superiore di Sanità. “Il risultato è una radiografia settimanale della salute del Paese su cui si basano le decisioni politiche. È molto lontano dallo stato di panico e quasi collasso che ha colpito l’Italia a marzo”, quando proprio il quotidiano statunitense criticava la risposta tardiva e gli errori commessi nella fase iniziale, che hanno permesso alla malattia di dilagare al Nord Italia.

L’articolo riporta poi l’estensione dello stato di emergenza, approvata pochi giorni fa, fino al 15 ottobre, che “permette al governo di mantenere le restrizioni in vigore e di reagire velocemente, anche con lockdown, a qualsiasi nuovo cluster”. “Il governo ha già imposto restrizioni ai viaggi in Italia ad oltre una dozzina di Paesi, poiché l’importazione del virus dai Paesi è ora la più grande paura del governo”, si legge. “Non c’è dubbio che le privazioni del lockdown siano state economicamente costose. Si prevede che l’Italia perda circa il 10% del suo PIL quest’anno. Ma ad un certo punto, mentre il virus minacciava di diffondersi in maniera incontrollata, le autorità italiane hanno deciso di mettere la vita davanti all’economia. Ora sperano che il peggio della cura sia arrivato in un’unica grande dose, il doloroso lockdown, e che il Paese sia ora sicuro per riprendere la vita normale, anche se con dei limiti”, continua l’articolo.

La strategia di chiudere completamente ha invitato critiche al fatto che l’eccessiva cautela del governo stesse paralizzando l’economia. Ma potrebbe rivelarsi più vantaggioso che cercare di riaprire l’economia mentre il virus ancora infuria, come sta succedendo in Paesi come Stati Uniti, Brasile e Messico. Questo non significa che gli appelli alla continua sorveglianza, come altrove nel mondo, siano immuni alla derisione, alla resistenza e all’esasperazione. Le mascherine spesso mancano in treni o autobus, dove sono obbligatorie. I giovani stanno uscendo e facendo le cose che fanno i giovani e rischiano in questo modo di diffondere il virus alle parti più vulnerabili della popolazione. Gli adulti hanno iniziato a riunirsi in spiaggia e per barbecue di compleanno. Non c’è ancora un chiaro piano per il ritorno a scuola a settembre”, sottolinea l’articolo.

“Il Paese ha riaperto, gradualmente, estendendo le libertà ad intervalli di due settimane per rispondere al periodo di incubazione del virus. Il lockdown alla fine ha avuto l’effetto secondario di ridurre il volume di virus in circolazione nella società, e quindi di ridurre la probabilità di venire in contatto con qualcuno che ce l’aveva. Alla fine del lockdown, la circolazione del virus si era ridotta vertiginosamente e in alcune regioni centrali e meridionali, c’erano a malapena catene di trasmissione”, si legge sul New York Times.

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