“L’ultimo protocollo che ci è stato approvato di recente dal comitato etico è il protocollo ‘Clean’ che permetterà di negativizzare quei pazienti che hanno il tampone cronicamente positivo” al Coronavirus. “Ci sono persone positive da molti mesi. Anche in questo caso il plasma secondo noi potrebbe avere una chance di utilizzo“: il nuovo protocollo di studio su cui l’Asst di Mantova sta lavorando è stato annunciato dal primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma, Giuseppe De Donno, durante il convegno in Senato “Covid-19 in Italia: tra informazione, scienza e diritti“, evento al centro di polemiche negli ultimi giorni.
Si tratta di uno dei “due grandi protocolli che stiamo conducendo a Mantova“. Oltre a questo che riguarda i positivi cronici c’è quello sulla “popolazione anziana, quella delle case di riposo, un po’ trascurata finora da noi clinici. Abbiamo trattato un buon numero di anziani e abbiamo visto un netto miglioramento dell’insufficienza respiratoria e della componente di polmonite e abbiamo potuto ottenere anche la negativizzazione del tampone e il reinserimento degli anziani nelle loro residenze. Speriamo entro breve di pubblicare questi dati“.
Dai risultati sulla sperimentazione della terapia al plasma emerge una “importante e significativa riduzione della mortalità, circa il 10%. Se lo rapportiamo alla mortalità generale avremmo avuto un risparmio di 3 mila vite umane,” ha spiegato De Donno durante il convegno. “Il protocollo prevede l’utilizzo da plasma di pazienti guariti che viene inoculato su pazienti ancora malati per combattere l’infezione virale. L’utilizzo del plasma del paziente convalescente è più efficace soprattutto se veniva utilizzato in pazienti gravi ma non gravissimi, con una storia limitata di insufficienza respiratoria e se non avevano una lunga storia di terapia generale“.
Con la plasmaterapia mortalità al 6%: i primi dati dello studio
Da una media precedente che oscillava tra il 13 e il 20% tra i pazienti con Covid-19 ricoverati in terapia intensiva, il tasso di mortalità scende ad un livello del 6% una volta applicata la plasmaterapia. E’ il dato piu’ significativo che emerge dalla pubblicazione su ‘Haematologica’, dei risultati dello studio condotto dal San Matteo di Pavia e dall’Asst di Mantova sull’uso del plasma da donatori convalescenti come terapia per i pazienti critici affetti da Coronavirus. Lo studio, iniziato il 17 marzo e concluso l’8 maggio, ha visto l’arruolamento di 46 pazienti ricoverati nei due ospedali di Pavia e Mantova, ad esclusione di uno proveniente da fuori regione. Le persone coinvolte avevano piu? di 18 anni, il tampone nasofaringeo positivo e un “distress respiratorio”, ovvero difficolta? di respirazione tali da necessitare supporto di ossigeno o intubazione.
“Quando e? stato scritto il protocollo – commenta Cesare Perotti, direttore del servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del San Matteo – il 9 marzo il Ministero della Salute italiano segnalava 8.514 persone positive, di cui il 59,2% ricoverati con sintomi, il 10,3% ricoverati in terapia intensiva, il 30,5% in isolamento domiciliare, il 9,9% di guariti. Al 10 marzo, al San Matteo, erano stati accettati in Pronto Soccorso 430 pazienti Covid positivi e contavamo gia? 174 ricoveri, con 35 dimessi e 24 deceduti. Generalmente, la carica virale ha un picco nella prima settimana di infezione – prosegue – e il paziente sviluppa una risposta immunitaria primaria entro 10-14 giorni, seguita dalla ‘clearance’ del virus”. I ricercatori hanno quindi osservato l’effetto dell’immunizzazione passiva, somministrando anticorpi specifici contenuti nel plasma dei soggetti guariti. “Lo abbiamo fatto – ha precisato Perotti – sapendo che il plasma avrebbe potuto rivestire un ruolo terapeutico, senza gravi controindicazioni nei pazienti critici e mediante una procedura di raccolta, la plasmaferesi, rapida ed efficace. In questo modo si sarebbe messo immediatamente l’emocomponente a disposizione di chi ne avesse necessita?“.
Perotti sottolinea inoltre che il lavoro di Pavia e Mantova e? stato utilizzato, con i dovuti accorgimenti, da tantissimi Paesi extraeuropei e posto alla base dello studio nazionale. Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare del Policlinico San Matteo, aggiunge: “Prendendo il siero di pazienti che hanno superato l’infezione, a due settimane dal primo caso, e aggiungendolo a colture cellulari, abbiamo notato che lo sviluppo del virus veniva annientato, segno della presenza di anticorpi neutralizzanti. A quel punto bisognava stabilire quanti ce ne fossero. Da qui l’applicazione di un parametro, in linguaggio scientifico definito ‘Titolo’, che serve per capire quale diluizione di siero e? ancora in grado di uccidere il virus in coltura. Il risultato ottenuto ha accertato che anche con un rapporto di 1 a 640, ossia diluendo 640 volte il plasma di un paziente, si riesce a uccidere il virus“.
Grazie alla plasmaterapia, da un decesso atteso ogni 6 pazienti, se ne e? verificato uno ogni 16. “Lo studio – afferma Massimo Franchini, direttore del Servizio Immunostrasfusionale dell’Asst di Mantova – e? il primo condotto nel mondo occidentale sull’utilizzo del plasma convalescente nel Covid-19 e ha aperto la strada agli studi randomizzati condotti successivamente in Europa e negli Usa. Il risultato piu? rilevante e? quello di una riduzione della mortalita? assoluta del 9 per cento nei pazienti trattati con l’emocomponente rispetto alla casistica nazionale. Questo importante risultato e? stato ottenuto grazie all’efficacia del plasma nel migliorare il quadro respiratorio e polmonare dei pazienti e nel ridurre gli indici infiammatori e la carica virale“.