Com’era largamente prevedibile il premier Conte ha annunciato che lo stato d’emergenza per la pandemia di Coronavirus verrà prorogato fino al 31 dicembre. Si tratta di una misura necessaria e quasi scontata, considerando il fatto che solo così il premier potrà emanare, se necessario, nuovi Dpcm. Per il Comitato tecnico scientifico e per il ministero della Salute si tratta di un passaggio necessario. L’attuale stato di emergenza, proclamato lo scorso 31 gennaio, termina il 31 luglio. La proroga fino al 31 dicembre, considerando che la pandemia non è ancora terminata, diventa dunque un imperativo. Il mondo politico, sulla questione, si è diviso, ma inutilmente: non si può fare diversamente.
Il timore, ovviamente, è che con l’arrivo dell’autunno possa arrivare una seconda ondata di Covid e inoltre bisognerà ricominciare a pensare all’avvio della scuola. Solo lo Stato d’Emergenza garantirà alla Protezione civile un ruolo centrale e decisionale in questo senso. Secondo i tecnici e gli esperti, non ci sono alternative, anche perchè si tratta di un passaggio normativo, più burocratico e formale che fattivo, infatti era stato proclamato addirittura il 31 gennaio in base alle dichiarazioni dell’OMS, in grande anticipo rispetto allla scoperta del paziente 1 di Codogno, e mentre l’Italia viveva beatamente ignara del pericolo. Basti pensare a tutti i provvedimenti che si stanno studiando e che dovranno essere applicati in tempi molto rapidi per la ripresa delle lezioni, dal distanziamento all’obbligo della mascherina in determinate condizioni, se l’andamento dell’epidemia non sarà rassicurante: senza lo scudo dello stato di emergenza, c’è il rischio di mettere i bastoni tra le ruote agli interventi.
D’altra parte, sia pure nell’ambito di legislazioni differenti, anche altri paesi come la Spagna, sono ricorsi alla dichiarazione dello stato di emergenza. In Italia tutto è iniziato il 31 gennaio, dopo che il giorno prima l’Organizzazione mondiale della sanità aveva dichiarato lo ‘stato di emergenza internazionale’ per la pandemia di Sars-CoV-2. Il Consiglio dei ministri, su proposta di Conte, quel giorno deliberò lo stanziamento dei fondi necessari “all’attuazione delle misure precauzionali conseguenti alla dichiarazione di Emergenza internazionale di salute pubblica da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)“, ma anche “lo Stato d’Emegenza, per la durata di sei mesi, come previsto dalla normativa vigente, al fine di consentire l’emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione Civile“. Lo Stato d’Emergenza, dunque, non è il lock-down con le sue restrizioni, come molti pensano. E’ semplicemente un riconoscimento a livello legislativo di uno stato di cose che non si può negare: il virus non è scomparso e il rischio epidemia è sempre in agguato. Le misure atte a limitare questo rischio sono dunque imprescindibili.
Tutto quello che c’è da sapere sullo stato di emergenza
Come viene deliberato. In Italia gli eventi calamitosi sono classificati in base ad estensione, intensità e capacità di risposta del sistema di protezione civile. Per le emergenze di rilievo nazionale che devono essere, con immediatezza d’intervento, fronteggiate con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza, su proposta del Presidente del Consiglio, acquisita l’intesa della regione interessata. Lo stato di emergenza può essere dichiarato al verificarsi o nell’imminenza di calamità naturali o eventi connessi all’attività dell’uomo in Italia. Può essere dichiarato anche in caso di gravi eventi all’estero nei quali la protezione civile italiana partecipa direttamente.
Quanto dura. Prevedendo l’attribuzione di poteri speciali, allo stato di emergenza sono assegnati dei limiti temporali precisi. Il Codice della Protezione Civile (Decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018), ne definisce la specifica durata, ridefinendo la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale, portandola a un massimo di 12 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi.
Lo stanziamento di fondi. La delibera dello stato di emergenza stanzia l’importo per realizzare i primi interventi. Ulteriori risorse possono essere assegnate, con successiva delibera, a seguito della ricognizione dei fabbisogni realizzata dai Commissari delegati. Nella delibera viene indicata anche l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria che subentra nelle attività per superare definitivamente le criticità causate dall’emergenza.
Cosa prevede e come si conclude. Agli interventi per affrontare l’emergenza si provvede con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge ma nei limiti e secondo i criteri indicati con la dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, se non è diversamente stabilito con la deliberazione dello stato di emergenza. L’attuazione delle ordinanze è curata, in ogni caso, dal Capo del Dipartimento. Allo scadere dello stato di emergenza viene emanata un’ordinanza “di chiusura” che disciplina e regola il subentro dell’amministrazione competente in via ordinaria.
Stato d’emergenza e smart working
Il premier Giuseppe Conte ha confermato la notizia della proroga dello stato d’emergenza: “Ragionevolmente, ci sono le condizioni per proseguire lo stato di emergenza per il coronavirus dopo il 31 luglio. Lo stato di emergenza serve per tenere sotto controllo il virus. Non è stato ancora deciso tutto, ma ragionevolmente si andrà in questa direzione”, ha precisato. Ovviamente, insieme allo stato d’emergenza, verrà prorogato anche il ricorso allo smart working, per dipendenti pubblici e privati.
Eppure, con la convinzione di aver superato la fase emergenziale, tra maggio e giugno quasi il 40% del personale delle aziende con piu’ di due addetti, occupato in modalita’ agile durante il lockdown, e’ tornato in sede. E se nei mesi di emergenza piena (marzo-aprile) la percentuale di lavoratori che ha sperimentato l’home working si e’ attestata all’8,8% (a fronte dell’1,2% degli occupati in tale modalita’ nel pre-pandemia), nel bimestre maggio-giugno e’ scesa al 5,3%. “Non c’e’ da sorprendersi se con l’avvio della Fase 3 circa la meta’ dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede. Le aziende sono arrivate del tutto impreparate rispetto alla ‘sfida’ dell’home working. Una modalita’ di lavoro non del tutto radicata nel nostro Paese” spiega il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Dobbiamo pero’ fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa rendendo il lavoro agile piu’ funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro“, ha concluso.
Un’impreparazione, dunque, che ci dovrà servire da lezione visto che con ogni probabilità dovremo continuare così ancora a lungo.
Stato d’emergenza e attività commerciali
Il dilemma più grande resta, dunque, quello delle attività commerciali: distanziamento sociale, disinfettante per le mani e altri misure anti-contagio resteranno dei punti imprescindibili dei prossimi mesi. E d’altronde è giusto così: il virus c’è ancora, non è scomparso, e dunque se vogliamo tornare a vivere una vita quasi normale dobbiamo imparare a conviverci, anche attraverso questo tipo di accorgimenti. Che poi, in verità, sarà anche difficile ormai fare diversamente: non è forse vero che d’ora in poi, virus a parte, ci sarà quasi impossibile non fare caso ad alcune misure di igiene fondamentali, come la pulizia costante delle mani, il non avvicinarsi troppo a degli estranei, soprattutto nei luoghi pubblici, e il non toccare oggetti appena toccati da altri e non disinfettati? Per non parlare delle mascherine? Saranno un male necessario da sopportare ancora a lungo.