Coronavirus, Vella: “La stabilità dei casi in Italia è un brutto segno”, la pandemia “come il naufragio del Titanic o l’eruzione del Krakatoa”

Secondo Vella "la stabilità" che caratterizza l'andamento della curva epidemica in Italia "è un brutto segno", perché così il Coronavirus è "certo che ritorna"
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Alla pandemia di Coronavirus “ci si poteva preparare” e invece non è stato fatto, perché “nessuno ha pensato che una cosa così poteva succedere“: lo ha affermato Stefano Vella, docente di Salute globale all’università Cattolica di Roma, che fa il paragone con il naufragio del Titanic o l’eruzione del Krakatoa: per tragedie simili “bisognava prepararsi per tempo”, ha spiegato l’esperto, ospite di “Agorà estate” su Rai3. “Non è per farmi pubblicità, ma nel 2018 in un articolo su ‘Repubblica’ avevo detto che questo sarebbe successo: non perché volevo portare male, ma perché chi si occupa di salute del mondo e di malattie infettive sapeva che queste cose succedono e sono già successe in passato“.
Anche l’OMS “lo doveva sapere e ci doveva dire ‘è successa questa cosa’“. “All’inizio abbiamo anche sbagliato ad affrontarla, perché le epidemie vanno gestite sul territorio, non negli ospedali che sono l’ultimo baluardo per salvare le persone. Adesso questo lo abbiamo capito” e un’altra cosa da capire è che Sars-CoV-2 – che peraltro “non è ancora andato via“, nei prossimi mesi “temo tornerà“.
E’ vero che sono state dette cose diverse“, ha ammesso, ma “questo fa parte della libertà di parola” e e dipende anche dal fatto che “la scienza non è esatta“. In più, “questo virus obiettivamente era nuovo“.

Stabile a me non piace per niente come situazione epidemica. La stabilità” che caratterizza l’andamento della curva epidemica in Italiaè un brutto segno“, perché così il virus è “certo che ritorna“. In realtà “purtroppo non ha smesso di circolare“, ed “è falso che sia meno infettivo” o “meno pericoloso”, ha precisato Vella. “Certo ci sono meno persone che vanno in ospedale perché ci sono meno casi e, siccome soltanto una piccola frazione” di infettati da Sars-CoV-2 “ha una malattia più grave, è chiaro che diminuisce” anche la quota di chi viene ricoverato. “Ma questo non è un segno che il virus si è indebolito. Non sono prove scientifiche che lo dicono“. “Chi lo dice mi fa arrabbiare moltissimo perché è un messaggio molto pericoloso. Per questo poi la gente si assembra“. L’ondata dei contagi “spero che non riparta“, auspicando “che la sanità regionale riesca a cogliere i ‘fili di fumo’” che si levano dai focolai “e a isolarli come sta facendo adesso“.

Secondo Vella il trattamento sanitario obbligatorio “certo si può fare, perché è previsto dalle leggi sanitarie per motivi di sanità pubblica e anche di salute personale. Non credo che sia una misura facilissima“, ma “certo la minaccia potrebbe fare bene“.
Io penso che il Paese non può richiudere“, ha spiegato l’esperto. “In Germania 500mila persone sono in lockdown; hanno richiuso in Portogallo, in Israele” e “addirittura in America ci sono stati lockdown importanti a Miami e in California. Se tutto dovesse peggiorare in modo drammatico, poi tocca richiudere“. “E’ questo che bisogna spiegare ai cittadini. Cerchiamo di capire che il virus non è andato via“. Evitare un nuovo lockdown “dipende dal nostro comportamento individuale e dalle Regioni” che devono vigilare sul territorio.

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