Non bastava il Covid, in Sardegna è anche emergenza cavallette. L’allerta giunge dall’Isola, dove si sta consumando la peggiore invasione degli ultimi 70 anni tanto da spingere alcuni Sindaci a richiedere lo stato di calamità naturale.
Le cavallette a partire da maggio si sono riprodotte a un ritmo vertiginoso provocando la distruzione delle colture in un’area complessiva di 30.000 ettari: il fenomeno sta raggiungendo il suo apice in questi giorni. Gli insetti, giunti dall’Africa e dal Medio Oriente, dove hanno devastato i campi di 23 paesi, adesso fanno paura.
La zona interessata dall’invasione delle cavallette è la valle del Tirso, una porzione interna in provincia di Nuoro; epicentro sono i comuni di Orani, Ottana e Bolotana ma complessivamente almeno 13 amministrazioni sarebbero interessate. Qui nelle ultime settimane si sono schiuse le uova di milioni di esemplari che in breve si sono impadronite di campi coltivati a foraggio, mais e altri cereali, ortaggi.
Secondo la Banca Mondiale si tratta della peggior invasione di locuste degli ultimi 70 anni a livello planetario mentre la Coldiretti sottolinea che l’ultimo semestre è stato il più caldo dal 1800 a oggi A questo fattore si aggiunge il costante abbandono delle campagne che lascia campo libero al riprodursi degli insetti. Anche l’anno scorso il problema si era presentato, ma non in queste dimensioni.
Di fronte all’invasione non esistono grandi contromisure per gli agricoltori, se non anticipare il raccolto, laddove possibile, o bruciare i campi per distruggere anche i parassiti. Per questo sono partite le richieste di calamità naturale, passo indispensabile per giungere a una riparazione per le categorie economiche. «Vanno indennizzati i danni attuali», esorta il sindaco di Ottana (Nuoro), Franco Saba, «e concretizzata un’azione preventiva per evitare che il fenomeno si ripeta nei prossimi anni». Difficile al momento quantificare i danni, anche perché l’invasione si sta ancora dispiegando, ma comunque siamo nell’ordine di milioni di euro.
Tra le soluzioni prospettate quella di stanziare dei fondi affinché allevatori e agricoltori possano praticare la cosiddetta lotta biologica, con l’aratura del terreno in autunno in modo che vengano distrutte le uova destinate a schiudersi nella primavera successiva. Impegni che, a sentire sindaci e allevatori, sono stati disattesi, tant’è che in questi mesi la calamità si è ripetuta e appare ancora più grave. Ora a chiedere che ci sia una struttura regionale incaricata di programmare gli interventi contro l’azione divoratrice delle locuste c’è anche la dirigenza del Consorzio di Bonifica, guidato da Ambrogio Guiso, che ha denunciato la situazione grave dei propri consorziati.