“I test rapidi a chi arriva o rientra dall’estero, in punti nevralgici come porti, aeroporti e stazioni, sono più che sufficienti per dirci chi sono i francamente positivi a Covid-19. Ed è quello che ci serve in questa fase. Sono soddisfatto perché il ministro della Salute Roberto Speranza si sta muovendo in questa direzione”. A sottolinearlo all’Adnkronos Salute è Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma.
Vaia spiega che il Laboratorio di virologia dell’istituto ha redatto un parere proprio più di due settimane fa per il ministero della Salute su due test rapidi. Una relazione sempre su questo fronte era già stata redatta per il Veneto. Il punto di partenza per entrambi i test valutati dallo Spallanzani è quello del tampone classico, nel senso che si analizza un campione di ‘droplets’, il secreto nasofaringeo. Un test è immunocromatografico, cioè si colora se positivo, l’altro è basato sull’immunofluorescenza e dà come esito la scritta ‘positivo’ o no. “E’ risultato più affidabile l’immunofluorescente. E sicuramente l’esame ‘principe’ resta sempre il classico tampone, che può servire come conferma. Ma secondo me è importante avviare controlli su chi arriva dall’estero“, conclude Vaia.
“I test a chi arriva o rientra dall’estero in Italia sono utili, ma c’è un però. Non bastano. Servirebbe un protocollo europeo per agire anche a valle e far sì che non si imbarchino positivi già alle partenze. I test andrebbero fatti almeno alle partenze dai Paesi più a rischio”. E’ il pensiero di Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. “Quello che serve per dare certezza ai cittadini, per farli partire e ritrovare la voglia di viaggiare è un protocollo europeo – dichiara all’Adnkronos Salute – serve che si siedano e decidano un protocollo applicativo a valle. Io ritengo che i test vadano fatti in tutti i Paesi, ma quantomeno alle partenze dalle aree più a rischio sarebbero utili”.
La seconda ‘ondata’ di Covid “non esiste come concetto – sottolinea Vaia – La seconda ondata potrebbe essere semplicemente la nostra incapacità di porre in essere regole efficaci come sistema Europa, oltre che di rispettarle come cittadini. La sanità da sola non ce la può fare, anche la politica deve venirci incontro, altrimenti sarebbe come rimuovere l’acqua di un oceano con un secchiello. A livello europeo chi si occupa di sanità e di politica estera deve sedersi a un tavolo e far sì che si attuino protocolli”.