“Questa esperienza del Covid ci ha insegnato che all’emergenze bisogna essere preparati. E ciò vale anche per le vaccinazioni che non devono essere fatte dietro la spinta dell’ansia o della paura dell’epidemia. Ma devono essere programmate tutte le volte possibili. Nel caso della meningite, quando capitano casi di questa malattia, la più grave tra tutte quelle prevenibili con il vaccino, la gente corre a vaccinarsi. Ma non è la modalità giusta”. Ne è convinta Chiara Azzari, immunologa e docente di pediatria all’università di Firenze ospedale Meyer che lancia un appello a non lavorare, per quanto riguarda i vaccini, “in emergenza ma con strategie e programmazione”.
Anche contro il meningococco “vaccinare prima, nei tempi indicati, non di emergenza è l’approccio giusto. Anche perché l’infezione da meningococco è molto più frequente di quanto si creda e fino ad oggi è stata molto sottostimata”. Per quanto riguarda il meningococco B, ricorda Azzari, “sono più a rischio i bambini piccoli. Quelli tra 0 e 2 anni. E, in crescendo, ancora di più lo sono quelli tra 0 e 1 anno e tra 0 e 6 mesi. Quindi è fondamentale iniziare presto a vaccinarsi. Il piano nazionale vaccini suggerisce l’immunizzazione a tutti i bambini a partire dai 2 mesi di vita. E questo è molto giusto. Mi augurerei però che in Italia le varie Regioni si mettessero d’accordo su un’unica strategia vaccinale. Oggi non è così”.
Per quanto riguarda la copertura dell’anti-meningococco B “in alcune Regioni, prima del Covid, si era raggiunto l’80%. Non è male, ma si potrebbe utilmente salire di 10 punti percentuali. Anche perché il meningococco non ha molta immunità di gregge: chi si vaccina lo fa per sè. E chi non è vaccinato non trae molto beneficio dalla vaccinazione degli altri, come succede invece in altre infezioni come quella da rotavirus, per esempio”.
Sempre in tema di vaccinazioni, aggiunge Azzari, “quello che ancora possiamo fare è migliorare la collaborazione tra figure diverse. Se i servizi vaccinali non ce la fanno devono poter chiedere aiuto ai pediatri di famiglia, come è successo in Toscana, togliendo il sovraccarico ai servizi vaccinali”, conclude Azzari, ricordando tre elementi che con il Covid abbiamo dovuto apprendere: “comunicare tra noi, capire che dobbiamo andare tutti nella stessa direzione ed essere solidali. Queste tre cose non le dobbiamo buttare via perché ci saranno utili in tutte le situazioni, vaccinazioni in primis. Prendiamo l’insegnamento di questo periodo difficile e portiamocelo come bagaglio”.