Hans Kluge, Direttore per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della sanità, annuncia ufficialmente e con allarmismo che, a causa dell’attuale aumento dei casi di contagio, in autunno vedremo una preoccupante letalità e mortalità legata al Covid-19. Intanto vediamo i dati a oggi. Le persone stimate (ma stima molto approssimativa per difetto) che sono venute a contatto con il virus nel mondo, sono 30.026.460, i morti 944.719, stando all’ultimissimo aggiornamento di oggi giovedì 17 settembre. Stiamo parlando di un tasso di letalità, ossia di morti rispetto ai contagiati (questi senz’altro sottostimati), intorno al 3,2%; il tasso di mortalità, poi, ossia la percentuale di morti rispetto alla popolazione intera, è nell’ordine dello 0,013%. Percentuale, quest’ultima sulla mortalità (e al di là delle aree che hanno visto morti in eccesso concentrate su settori ristretti, ma per coesistenza, a nostro giudizio, di altri fattori di natura climatica-ambientale), decisamente non allarmistica, significando che, nei trascorsi 7 mesi di emergenza sanitaria di tipo pandemico, ossia con emergenza planetaria, al mondo è morta per Covid-19 una persona ogni 8.000 abitanti.
Sulla base del nostro convincimento che l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo da quasi inizio anno sia dovuta senz’altro all’azione di un virus nuovo e forse un po’ più aggressivo di quanto normalmente accada, ma, anche e soprattutto, a causa di fattori climatici-ambientali associati che ne hanno notevolmente amplificato l’aggressività, riteniamo opportuno fare delle puntualizzazioni e, perché no, ipotizzare anche un minore allarmismo. Le nostre considerazioni sono essenzialmente su base statistica, in riferimento all’incidenza generale del virus in termini di mortalità e di particolare aggressività sia sul territorio nazionale che mondiale, nonché su base prettamente climatologica, che sarebbe poi la nostra materia più specifica.
Le nostre considerazioni non computano alcuna competenza di tipo medico-sanitario. Ciò premesso, specifichiamo, altresì, che è convincimento nostro che l’azione virale che ha caratterizzato la crisi sanitaria mondiale dalla primavera di quest’anno, abbia avuto un grosso fattore scatenante nel particolare favore offerto dai bassi strati atmosferici. Si è ampiamente dimostrato, in tanti studi fatti in questi ultimi 5-6 mesi, che l’azione virale è stata più o meno aggressiva a seconda della maggiore o minore presenza nei bassi strati di particolari condizioni di umidità-temperatura e maggiore-minore presenza di particolati fini, sostanze chimiche nocive, in grado di veicolare il virus e aumentarne la carica virale, nonché esse stesse nocive per l’organismo contribuendo al deterioramento dello stesso.
Si è altresì anche ampiamente dimostrato, e lo si dimostrerà ancora più nei prossimi mesi, che l’andamento stagionale, quindi i fisiologici cambiamenti in termini di temperatura-umidità, sono alla base dei cambiamenti della curva epidemiologica: stagione tardo primaverile-estiva, più secca e più calda, minore circolazione del covid-19 (virus –batteri in generale) o, anche se circolante, sua minore aggressività e nocività; stagione umida e a via via più fredda, autunnale-invernale, maggiore circolazione del covid-19 e sua maggiore aggressività. Rileviamo anche altri importanti dati statistici. Dal 2015, in Italia, ma anche in Europa e nel resto del mondo, sono state registrate fluttuazioni di mortalità più o meno significative, rispetto alla media degli anni precedenti.
Con riferimento al nostro paese, un primo riscontro di morti in eccesso rispetto al quinquennio precedente, è stato rilevato proprio nel 2015, quando l’Istat ha stimato circa 45.000 morti in più, sulla cifra totale dei morti annuali per qualsiasi causa su tutto il territorio nazionale, e circa 55.000 morti in più rispetto al 2014. Nel 2017, nel solo gennaio, sempre l’Istat ha riscontrato circa 23.000 morti in più rispetto alla media di morti nello stesso mese del quinquennio precedente. In questa primavera 2020, e più nello specifico tra marzo e aprile, sempre l’Istat, ha registrato circa 35.000 morti in più rispetto agli stessi mesi del quinquennio precedente.
Di queste cifre e fluttuazioni in eccesso della mortalità, quella del 2015 è senz’altro la più eclatante, seguita da quella del 2017, con 23.000 morti in più in un solo mese, e poi da quella di quest’anno con sì, circa 35.000 morti in più rispetto allo stesso periodo del quinquennio precedente, ma in due mesi. A giustificare le morti di quest’anno, sarebbe l’azione virale più aggressiva del covid-19, a giustificare quelle degli altri anni citati, quale azione sarebbe? Dalle nostre indagini, ma dai riscontri dei dati NOAA accessibili a tutti, proprio dal 2015 si rileva, in termini climatologici, un significativo aumento della curva termica su tutto il pianeta nonché un aumento delle enfasi anticicloniche nel semestre freddo, in particolare su tutta la fascia temperata o temperata-continentale, guarda caso proprio quella ove è stata riscontrata la maggiore diffusione e aggressività del covid-19.
Secondo i dati sempre NOAA (il maggior istituto mondiale di raccolta ed elaborazione dati climatologici) gli ultimi 5 anni, proprio a partire, quindi, dal 2015, sono stati i più caldi a livello planetario di sempre, o meglio da quando sono iniziate le registrazioni dell’andamento termico planetario, ossia da 150 anni circa, nonché quelli con maggiore esasperazione anticiclonica, ossia con maggiore presenza e insistenza anomala delle alte pressioni, soprattutto nel semestre freddo di entrambi gli emisferi, dato che in quello caldo le alte pressioni sono fisiologicamente più presenti (maggiore alta pressione invernale su scala planetaria, temperatura più alta sul computo annuale). Naturalmente, per quanto in inverno la temperatura possa essere spesso più alta, grazie proprio alla presenza più persistente di anticicloni (spesso infatti questi non sono di natura continentale e quindi freddi, ma più ricorrentemente di estrazione subtropicale o oceanica più miti) la temperatura media negli anticicloni invernali, per fisiologiche ragioni di insolazione e ore di luce, è considerevolmente più bassa rispetto ai mesi tardo-primaverili ed estivi, tanto da costituire un parametro essenziale e favorevole all’habitat di virus. Alla luce di questi dati va rilevato il riscontro, questo oggettivo, che alte pressioni più esasperate nel semestre freddo, quindi una maggiore stagnazione nei bassi strati di particolati nocivi, inversioni termiche e ristagno di umidità con conseguente habitat più proficuo per virus e batteri, sarebbero, dagli innumerevoli studi effettuati, alla base delle fluttuazioni in crescendo di mortalità per malattie stagionali, sebbene a fasi alterne, dal 2015 ai nostri giorni.
Non vi è stata una particolare emergenza sanitaria in questo anno 2020, perlomeno sino a ora, o comunque l’anomalia di mortalità non è stata più grave dell’anomalia di morti del 2015 e del gennaio 2017, anzi è stata meno grave. E’ palese, sulla base di queste indagini e dei dati statistici riportati, che virus più aggressivi e la maggiore loro capacità di determinare complicazioni serie o persino morti, coincidono con annate, o meglio con semestri freddi, caratterizzati da persistenti anomalie bariche positive e, quindi, da alte pressioni persistenti o comunque prevalenti, rispetto alle fasi con più movimento di aria. Viene da sè che è possibile, avvalendosi dei sofisticati calcolatori, dare una stima di quanto una stagione possa essere nociva in termini virali, stimando quanto essa possa presentare particolari anomalie anticicloniche.
Ebbene, vagliando gli indici climatici indicativi di un possibile decorso stagionale, abbiamo dati che ci indicano, perlomeno in riferimento al Mediterraneo centrale, quindi all’Italia, un decorso autunnale, a partire soprattutto da ottobre, ma con accenni già a fine settembre, particolarmente dinamico e movimentato in termini di circolazione, con alte pressioni poco presenti, piuttosto all’insegna di ricorrenti fasi depressionarie. Quindi, sulla base degli indici stagionali, con ultime proiezioni AO/NAO intorno a valori neutri o negativi e proiezioni SSTA favorevoli ad azioni instabili penetranti verso il Mediterraneo centrale, prima atlantiche e poi anche di tipo continentale, si prospetterebbe una stagione autunnale mediamente con scarse alte pressioni, parecchio movimento di aria e anche diffuse piogge. Queste prospettive non permetterebbero una particolare carica virale almeno fino a Dicembre.
Potremmo andare incontro e, anzi, sicuramente vi andremo, a un aumento sensibile dei casi di positività, quindi la curva dei positivi al Coronavirus potrebbe anche impennarsi in maniera esagerata, dati fattori di umidità (in aumento) e temperatura (in calo) più predisponenti; tuttavia, per circolazione poco favorevole a stagnazione di aria, riteniamo che l’aggressività del virus non debba destare particolare preoccupazione. Della serie tanti positivi in più, poiché il virus c’è e certamente avrà più favori termici e igrometrici per evidenziarsi rispetto ai mesi estivi, ma è verosimile che coloro che ne verrebbero a contatto in gran parte potrebbero essere asintomatici o sintomatici non preoccupanti; potrebbero senz’altro crescere anche le terapie intensive, ma in maniera non incontrollabile, infine riteniamo letalità e mortalità senz’altro non preoccupanti in termini percentuali.
Naturalmente il riscontro a posteriori entro dicembre validerà o sconforterà questo nostro convincimento per il decorso autunnale. Sulla stagione invernale è presto per osare in tendenze. Intanto la Redazione di MeteoWeb farà periodici aggiornamenti sulla possibile evoluzione barica di massima stagionale sulla base dello studio di indici teleconnettivi e rappresenterà di volta in volta il rischio di nocività virale connesso.