Coronavirus, i medici d’emergenza: “Il Pronto soccorso in crisi, servizi a rischio”

"Il personale, numericamente già carente prima dello scoppio della pandemia, si trova a trattare un elevato numero di sintomatici da coronavirus"
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“L’emergenza Covid ha sovraccaricato” i Pronto Soccorso italiani “mettendoli ulteriormente in crisi”. “Il personale, numericamente già carente prima dello scoppio della pandemia, si trova a trattare un elevato numero di sintomatici da coronavirus che, spesso spaventati, fanno riferimento ai Pronto Soccorso non trovando altre risposte all’esterno e che si sommano al carico quotidiano di pazienti di altra patologia”.

Queste difficoltà “non possono che mettere a rischio la qualità del servizio, a prescindere dalla dedizione di chi ci lavora”. La Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) torna a lanciare l’allarme, per bocca del suo presidente Salvatore Manca. E si fa portavoce dell’appello di medici e infermieri dei Pronto Soccorso d’Italia, in prima linea nell’attuale crisi sanitaria, per essere ascoltati dai decisori, dai tavoli tecnici, dalla politica, al fine di trovare e applicare soluzioni concrete ed efficaci. Il Pronto Soccorso – ricorda una nota – è una struttura chiamata a riconoscere, gestire, ordinare dare risposte rapide e concrete a un’enorme casistica di pazienti e lo fa – a differenza di tutti gli altri dipartimenti – 24 ore al giorno 365 giorni l’anno.

 “Il Pronto Soccorso – spiega Manca – non è un centro smistamento pazienti, come spesso si crede, ma il primo reparto dell’ospedale schiacciato tra le problematiche della medicina del territorio e quella specialistica dell’ospedale. Ai pazienti del Ps vengono eseguite analisi, diagnosi e anche tutti i trattamenti, sino alla risoluzione del caso e alla dimissione”. Invece oggi “si trova a trattare un elevato numero di sintomatici da coronavirus“. Inoltre “dal punto di vista architettonico – denuncia – le aree dei Pronto Soccorso, soprattutto quelle degli ospedali più vecchi e di alcune Regioni, sono state progettate rispetto a necessità che non sono più attuali, risulta quindi difficile organizzare gli spazi in modo funzionale e in sicurezza per pazienti e famigliari”.

E ancora: “Nella pandemia gli emergentisti si trovano a dare risposte e supporto sia alla medicina del territorio, che purtroppo non è stata adeguatamente attrezzata e organizzata e si trova in un evidente affanno, sia ai reparti interni dell’ospedale con le loro carenze di letti e/o attrezzature”. È di oggi la notizia che se il reparto Covid è al completo, i pazienti in attesa di un posto letto stazionano in Ps, in quella che in gergo viene chiamata ‘zona grigia’, e qui vengono curati e trattati in continuità, fino al ricovero, causando un carico di lavoro aggiuntivo.

Questa condizione non ottimale allunga le attese per i pazienti e aumenta lo stress del personale già molto provato. Le carenze operative, logistiche, strutturali e di personale nei Ps – prosegue la Simeu – d’altronde era stata denunciata molte volte negli anni passati, sempre rimasta inascoltata al punto che nessun professionista dell’emergenza urgenza è stato mai chiamato ai tavoli di lavoro delle commissioni tecniche. Fatto molto grave, perché non si dà ascolto a chi può portare l’esperienza dalla prima linea, traducendola in proposte concrete ed efficaci. Le difficoltà amplificate non possono che mettere a rischio la qualità del servizio, a prescindere dalla dedizione di chi ci lavora, concludono i medici dell’emergenza.

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