Coronavirus, l’appello di 3 infettivologi: “Emergenza mai finita, bisogna fare presto”

"Se nel periodo buio dei primi mesi ci si poteva arrendere al fatto di essere stati colti di sorpresa, ora il ritardo di una efficace risposta non può più essere giustificato"
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“Oggi 20 ottobre si compiono 8 mesi dalla segnalazione del primo caso di Covid in Lombardia. Il dramma umano e sanitario che ha sconvolto il nostro Paese, e la Lombardia in particolare, è ancora sotto gli occhi di tutti. Un’emergenza che non è mai finita e che anzi ritorna, con il rischio di “una seconda ondata non inferiore alla prima” e la necessità di “prevenire, ora e subito, una nuova escalation verso le conseguenze più drammatiche“. E il messaggio, chiaro e forte, di un ‘Appello alle istituzioni e ai cittadini – Fare presto’, che attraverso l’Adnkronos Salute lanciano gli infettivologi Marino Faccini, Massimo Galli e Marco Rizzi.

“Se nel periodo buio dei primi mesi ci si poteva arrendere al fatto di essere stati colti di sorpresa, ora il ritardo di una efficace risposta non può più essere giustificato”, ammoniscono Faccini (direttore Uoc Medicina preventiva nelle comunità-Malattie infettive Ats Milano), Galli (professore ordinario Malattie infettive università degli Studi Milano, direttore Malattie infettive III Asst Fbf-Sacco Milano, past president nazionale Simit-Società italiana malattie infettive e tropicali) e Rizzi (direttore Malattie infettive Asst Papa Giovanni XXIII Bergamo, presidente Simit Lombardia), nel testo che verrà riportato integramente.

“Il virus è rimasto sostanzialmente immodificato nella sua capacità trasmissiva e di impatto sulla salute – premettono i tre esperti – e ciò rende possibile che una seconda ondata raggiunga proporzioni non inferiori alla prima, come i dati di questi giorni vanno minacciando. Bisogna prevenire, ora e subito, una nuova escalation verso le conseguenze più drammatiche”.

“Da diversi giorni – osservano gli infettivologi – i servizi di prevenzione territoriale non sono più in grado di svolgere un tempestivo ‘contact tracing’, l’attività che tante volte è stata invocata come fondamentale per identificare e spegnere tempestivamente i focolai. Di fronte a numeri giornalieri di nuovi contagi, soprattutto nelle aree metropolitane come quella di Milano (ormai sopra i 1.500 nuovi casi al giorno), che hanno portato rapidamente l’indice di trasmissione Rt oltre 2, occorre prendere atto che il sistema di tracciamento di casi Covid e dei relativi contatti non può più funzionare. In parallelo, i segnali che arrivano dagli ospedali in termini di aumento costante di ricoveri ordinari e di casi gravi sono chiarissimi e hanno già reso necessarie e urgenti trasformazioni dettate dall’emergenza, con riapertura di reparti Covid e contestuale riduzione delle attività ordinarie”.

Non vogliamo più vedere gli operatori sanitari, ancora stanchi e con le scorie addosso dei lunghi mesi trascorsi nelle corsie e nei presidi territoriali a combattere Covid, ripiombare nella frustrazione e nello sconforto di fronte auna nuova onda d’urto – scrivono Faccini, Galli e Rizzi – Non è più tempo delle discussioni estenuanti, le trattative al ribasso, gli sterili distinguo. Sappiamo ciò che è necessario fare per ridurre la velocità della corsa dei contagi verso un punto di non ritorno, soprattutto nelle aree in cui l’accelerazione è più forte“.

“Salviamo l’economia da un nuovo lockdown generalizzato, che oggi avrebbe gravi costi sociali ancor maggiori e metterebbe tutti in grande difficoltà – ammoniscono gli infettivologi – Occorre agire adesso, con misure energiche, ma ancora sostenibili”.

“Il virus è con noi e tra di noi – ricordano Faccini, Galli e Rizzi – lo possiamo portare e incontrare ovunque, cammina con le nostre gambe ed è presente nel nostro respiro: se siamo consapevoli di questo, sappiamo come fermarlo”. Per questo “rivolgiamo un appello alle istituzioni politiche e sanitarie e ai cittadini”.

Innanzitutto, spetta “alle autorità il compito di adottare i necessari provvedimenti, purché siano coerenti con il risultato atteso: in questa delicata fase, occorrono interventi mirati e selettivi: immediati provvedimenti rigorosi circoscritti agli ambiti territoriali più critici possono evitare di dovere adottare in un prossimo futuro generalizzati provvedimenti restrittivi di difficile sostenibilità”.

Nelle aree metropolitane dove l’aumento dei contagi, la densità di abitanti, la concentrazione di attività e la pressione sui mezzi di trasporto pubblici possono diventare una mistura esplosiva – dettagliano i tre infettivologi – tutti coloro che possono lavorare o studiare da casa siano messi nelle condizioni di farlo da subito: togliamo le gambe al virus; nelle aree in cui non fosse possibile gestire in modo adeguato i trasporti, si attui subito la didattica a distanza per le scuole superiori e le università; si valuti inoltre rapidamente ove necessario il blocco delle attività ludiche e ricreative, in aggiunta agli stop già decisi e alla massiccia attivazione dello smart working”.

Dall’altro lato “a tutti i cittadini – proseguono Faccini, Galli e Rizzi – chiediamo di sacrificare una parte della loro socialità e desiderio di divertimento evitando ogni occasione di incontro non indispensabile, sia nelle proprie abitazioni che fuori di esse: no party con il Covid, un piccolo sacrificio per il bene di tutti”. E poi il richiamo alle regole. “Non diamo respiro al virus: a tutti chiediamo di usare la mascherina, senza se e senza ma, insieme al distanziamento e all’igiene delle mani. A tutti chiediamo di proteggere gli anziani e le persone più fragili, evitando il più possibile che escano di casa ed avendo cura di entrare in relazione con loro solo con le massime precauzioni, anche se abitano con noi“. “Viviamo questa amara ricorrenza dei primi 8 mesi di pandemia con forte preoccupazione – ammettono i tre infettivologi lombardi – ma anche con la convinzione e la speranza che con una forte, chiara e netta assunzione di responsabilità da parte di tutti sia possibile combattere il virus.#togliamolegambealvirus#nondiamorespiroalvirus#salviamoleconomia#salviamoilserviziosanitario”, concludono.

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