L’immunologo statunitense Bruce Beutler, premiato con il Nobel per la Medicina nel 2011, fa il punto sulla pandemia di Coronavirus e su quello che dovremo aspettarci in futuro in questo ambito, in un’intervista per Repubblica a cura di Marco Pivato. “Non sarà l’ultima pandemia con le caratteristiche che stiamo vivendo: l’umanità sarà colpita ancora con la stessa violenza e, chissà, forse ancora di più. Dobbiamo, quindi, fare tesoro, adesso, di ciò che stiamo imparando: il SARS-CoV-2 è stato il campanello d’allarme necessario per metterci in riga di fronte alle prossime grandi zoonosi”, avverte Beutler.
Beutler parla della funzione immunitaria innata (le sue ricerche in questo campo gli sono valse il Nobel), ossia la prima linea di difesa, presente sin dalla nascita e che non ha memoria. L’immunità acquisita, invece, si scatena solo in seguito all’attacco di nuovi virus all’organismo e detta la produzione di anticorpi specifici. Beutler spiega: “Per vincere la battaglia contro il SARS-CoV-19 dobbiamo concentrarci sullo studio dell’immunità acquisita, che è specifica e selettiva, così da progettare vaccini sicuri al 100%. Non avrei dubbi, nel gestire un budget, a puntare tutto sul vaccino. SARS-CoV-2 è un virus subdolo, ma se troviamo il vaccino corretto allora freneremo la mortalità con maggiore efficacia, per non parlare del fatto che non affolleremmo le terapie intensive come è già accaduto. Inoltre, avremo conoscenze in più nel campo dei vaccini da spendere se dovessimo trovarci di nuovo in situazioni simili”. L’esperto considera SARS-CoV-2 come un virus subdolo perché “essendo un virus a Rna ha una debole attività di “correttore di bozze”: ogni volta che si replica commette errori e non è in grado di ripararli tanto efficacemente quanto le cellule a Dna. Questi errori sono mutazioni e costituiscono per il virus un vantaggio, perché, se non sono letali e si mantengono, rendono il virus stesso continuamente diverso e, di conseguenza, sfuggente al vaccino“.
Puntare tutto sul vaccino “è necessario, perché altre zoonosi come questa attuale – con il salto del virus dall’animale all’uomo – si ripresenteranno in continuazione e non possiamo contare sulle terapie: è necessario fermare l’epidemia sul nascere. Sulla versione digitale del “New York Times” potete seguire in diretta il numero di vaccini in sperimentazione e lo stadio di avanzamento: basta digitare sulla barra di ricerca di Google il nome del giornale e “Coronavirus Vaccine Tracker*”. Le peculiarità di SARS-CoV-2 ci hanno posto un dilemma epocale: come sarebbe stato il mondo se questo virus fosse stato molto più letale, con un tasso di mortalità del 50% in tutte le fasce d’età? Dovremo imparare tutto ciò che possiamo da questa pandemia e da come la vinceremo”.
“L’immunità innata è un insieme di difese aspecifiche ed estemporanee, come macrofagi e neutrofili, contro i patogeni. Paradossalmente, contro il SARS-CoV-2 queste difese, benché meno evolute, potrebbero essere utili se potenziate, perché subito pronte e “violente”, ma poi saremmo daccapo. Il sistema immunitario innato, infatti, non conserva memoria dei patogeni e al momento di un nuovo contatto con lo stesso virus ci si riammalerebbe. I vaccini, invece, non lavorano sull’immunità innata, ma sull’immunità acquisita, rappresentata dai linfociti T e B, che sollecitano la produzione di anticorpi. Si tratta di un sistema molto più lento, se pensiamo alle caratteristiche dell’immunità innata: sono necessari una settimana o 10 giorni per produrre anticorpi, ma poi si ha a disposizione un’arma specifica, affilata, che si ricorda del virus, nel caso in cui dovessimo di nuovo tornare in contatto. Attualmente l’immunità acquisita degli anticorpi prodotti dai vaccini in sperimentazione è ancora troppo breve e non sta al passo delle mutazioni del virus. E’ una realtà che, tra l’altro, rende l’immunità di gregge una chimera. Ma arriveremo comunque al vaccino: lo dovremo fare perché pandemie così violente saranno sempre più frequenti. I virus si diffondono più rapidamente a causa delle comunicazioni. Tuttavia, anche se i viaggi fossero molto meno intensi, SARS-CoV-2 potrebbe avere fatto lo stesso il giro del mondo: accadde con la pandemia influenzale del 1918“, spiega l’esperto.
Beutler conclude parlando di lockdown, misura al centro dell’attenzione per la dubbia efficacia nel contenere il contagio in caso di pandemie: “La necessità di isolare i vettori può entrare in conflitto con i valori e le leggi di una società e, inoltre, non è sempre possibile arginare l’attacco di virus a trasmissione orale e per contatto come questo. Va detto che un periodo asintomatico relativamente lungo, durante il quale è possibile la trasmissione, come nel caso di SARS-CoV-2, e la mancanza di un test rapido, fanno in modo che i soggetti possano portarlo ovunque prima che mostrino i segnali. L’unica risposta è la ricerca scientifica su vaccini che offrano un’immunità efficacie e sufficientemente duratura: per oggi e per domani”.