“Non credo siano misure vaghe” quelle contenute nell’ultimo Dpcm, “credo invece sia buon senso, credo sia dire: attenzione, siccome l’Italia non è tutta uguale delle misure vanno declinate a livello periferico. Ed ecco l’importanza di sindaci e regioni e di tutto ciò che riguarda la parte più periferica dello Stato, quella viva e a contatto col pubblico più di quanto posso esserlo io al ministero della Salute. Un sindaco conosce il suo territorio meglio di quanto posso conoscerlo io”. Lo sottolinea il viceministro Pierpaolo Sileri, oggi ad ‘Agorà’ su Rai3.
“Le misure devono essere declinate a livello periferico e ciò consente adeguatezza e proporzionalità secondo la situazione locale. E’ evidente che il Dpcm è di oggi e la situazione di domani non la sappiamo. Non si possono fare previsioni. E’ evidente però che misure circoscritte e più forti dovranno essere prese laddove non solo salgono contagi, ma anche il sistema è meno pronto. E’ vero, mancano le assunzioni di medici e infermieri, ma è una carenza che si è generata negli ultimi 5-10 anni, con anche la fughe” di camici all’estero. “Trentamila persone non è che le trovi dietro l’angolo e laddove non sei pronto è giusto fare un passo indietro e resettare il sistema. Oggi si dice che non ci sono posti in terapia intensiva. Non è vero: abbiamo quasi 6.700 posti pronti e altri 4.400 approntabili con respiratori e quant’altro”. Numeri con cui, assicura Sileri, si potrebbe portare avanti sia l’attività Covid che le altre. La responsabilità delle carenze, riepiloga, “è di tutti, inveterata dagli ultimi 10-15 anni“. Qui “non è un problema dei medici né degli infermieri che lavorano 120 ore a settimana. Loro hanno subito i tagli di questi anni. Oggi li chiamiamo eroi, ma forse ci siamo dimenticati. E’ giusto criticare il sistema, ma capiamo che è così da anni e che la tragedia è stata gestita al meglio delle nostre possibilità”.