Al lavoro, nei padiglioni e nei pronto soccorso delle strutture sanitarie, in isolamento a casa. E’ il paradosso a cui sono sottoposti i professionisti della Sanità lombarda in base alle raccomandazioni di Regione Lombardia per la prevenzione dei contagi da SARS-cOV-2 tra gli operatori sanitari e sociosanitari.
In estrema sintesi, la comunicazione del 26/10/2020 inviata alle Direzioni Generali delle Ats, di Asst e di Fondazioni Irccs di diritto pubblico e firmata dalla Direzione generale Welfare di Regione Lombardia riporta, oltre alle ormai ben note norme di sicurezza, che gli operatori individuati quali “contatti asintomatici di caso…, anche in considerazione dell’attuale contesto emergenziale, non sospendono l’attività e vengono sottoposti ad un rigoroso monitoraggio attivo…”.
Quindi, gli infermieri e i lavoratori della Sanità continuano a svolgere i loro compiti anche quando sono entrati in contatto con un positivo. Ma poche righe dopo, lo stesso documento precisa che gli operatori: “… durante il periodo di sorveglianza attiva, che coincide con il tempo della quarantena, sono tenuti a rispettare la quarantena nelle restanti parti della giornata, ovvero nel tempo extralavorativo”. Ovvero liberi al lavoro, isolati in casa.
FIALS Milano area Metropolitana: negato anche il diritto alla salute
FIALS Milano Area Metropolitana, il sindacato indipendente dei lavoratori sanitari, non ci sta. “Gli ‘infermieri schiavi’ servono a tempo pieno e sembra non importi di chi sia la colpa di questa mancata organizzazione per la lotta a una seconda ondata pandemica, fatto sta che è ancora una volta è il personale sanitario a pagarne le conseguenze” afferma Mimma Sternativo, Segretario Generale FIALS Milano Area Metropolitana. “Siamo stati prima eroi, poi untori e alla fine vittime di un sistema e di una politica oramai allo sbando. Mentre il mondo fuori reclama la libertà, oggi al personale sanitario viene negato qualunque diritto, anche quello alla salute”.
No al rischio per i pazienti
Oltre che per la propria salute, i lavoratori del FIALS Milano Area Metropolitana pensano alle conseguenze per i pazienti, sempre più numerosi, e per i colleghi, ridotti allo stremo. “Ora un infermiere, un oss, un tecnico, un fisioterapista che ha avuto un contatto ravvicinato con un’altra persona risultata positiva – un figlio, il coniuge, i genitori positivi in casa – deve comunque recarsi a lavoro mettendo in pericolo pazienti e colleghi” segnala Sternativo. Perché, in base alle indicazioni di Regione Lombardia, “i medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo”. Fino ad allora, ci si reca al lavoro e si effettua una quarantena al proprio domicilio nel restante tempo, senza che questa venga disposta dal medico competente o dal datore di lavoro come invece è previsto.
“Ove possibile”
“Per Regione Lombardia, i professionisti sanitari sono considerati in quarantena e hanno il diritto alla Salute solo quando conviene” aggiunge Sternativo. “Se la situazione non fosse drammatica, farebbe sorridere la frase inserita nel documento che precisa che ‘Per gli operatori contatti asintomatici di caso, ove possibile, devono essere messi a disposizione spogliatoi dedicati…’. ‘Ove possibile’, ai tempi di una seconda ondata, risuona come l’ennesimo schiaffo in faccia a questi professionisti, dopo anni di mancata programmazione delle risorse, di tagli decennali alla sanità, di decisioni politiche miopi. Così giorno dopo giorno aumentano i casi positivi tra il personale impegnato in prima linea e la Sanità milanese affonda inesorabilmente. E’ il momento di dire basta, anche per tutelare i cittadini”.