L’archeologia sperimentale svela i misteri di Stonehenge

Stonehenge è uno dei monumenti preistorici più famosi al mondo, e numerosi sono i misteri ancora celati tra i suoi monoliti. L'archeologia sperimentale prova a svelarne alcuni.
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Stonehenge è con molta probabilità il più famoso monumento preistorico conosciuto al mondo, tanto che è stato uno dei primi siti a essere dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1986, insieme ad altri complessi affini presenti nella regione del Wiltshire, in Gran Bretagna.

Analogamente a quanto accade per la costruzione delle piramidi di Giza, anche per Stonehenge gli studiosi si chiedono da sempre con quali tecniche costruttive siano stati trasportati e posizionati i blocchi da 25 tonnellate che costituiscono il cerchio di pietre. L’archeologia sperimentale consente, oggi, di fare delle ipotesi plausibili che non mancano di sorprendere gli appassionati quanto gli addetti ai lavori.

La storia di Stonehenge

Foto di Finnbarr Webster / Getty Images

La parola Stonehenge deriva dall’inglese antico e si compone della parola stone, cioè pietra e hang, che significa sospendere, oppure henge, cioè un terreno di forma circolare recintato da un fossato. Il cerchio di pietre viene datato intorno al 3000 a.C., ma anche su questo punto gli archeologi non sono del tutto concordi e molti ritengono più verosimile una datazione che si aggira intorno ai 4000 o 4500 anni fa.

Tra le ipotesi più colorite sull’origine del sito vi è quella che individua nei Druidi i costruttori del monumento e il tempio di Gerusalemme l’ispirazione alla quale sarebbero ricorsi. Questa teoria, tuttavia, viene smentita dalle datazioni al radiocarbonio che ne collocano l’elaborazione in una data anteriore all’epoca di costruzione del tempio di Salomone. Inoltre, la società celtica, che diede vita al sacerdozio dei Druidi, si radicò sul territorio solo pochi secoli prima della nascita di Cristo.

In riferimento ai tumuli sepolcrali (barrow) presenti su tutto il territorio circostante, molti hanno supposto che si trattasse di un luogo sacro per sepoltura di cittadini di alto rango.

Stonehenge
Foto vencavolrab/Getty Images

Tra le ipotesi più interessanti vi è, ancora oggi, quella di Isaac Newton, secondo cui la disposizione delle pietre sarebbe un riferimento simbolico alla configurazione eliocentrica del nostro sistema solare. Appoggiandosi alle teorie dello scienziato, si è anche supposto che si potesse trattare di un osservatorio astronomico per la marcatura di eventi significativi o di un vero e proprio calendario astronomico.

In effetti, nel momento in cui si inserisce il sito nel contesto della cultura neolitica nel quale fu eretto, non appare inverosimile che una società che ha da poco abbandonato il nomadismo a favore della stanzialità e del sostentamento agricolo, facesse maggiore attenzione ai fenomeni naturali come il susseguirsi delle stagioni, i cicli lunari e altri eventi che definivano le rotazioni annue come i solstizi e gli equinozi. Gli studi dimostrano, in effetti, che sia il tragitto del sole sia il movimento della luna assumono precise posizioni rispetto ai monoliti.

Come si presenta il cerchio di Stonehenge

Stonhenge
Foto Getty Images

Stonehenge oggi si presenta al visitatore come una serie di anelli concentrici costituiti da pietre megalitiche posizionate in verticale. I monoliti si trovano all’interno di un terrapieno del diametro di circa 90 metri e se si osserva la direttrice nord-est, si può notare il cosiddetto “viale”, largo 12 metri. Il cerchio di megaliti è composto da 30 pietre posizionate in verticale e altrettanti architravi; all’interno si distinguono, i sarsen, grandi blocchi di pietra disposti simmetricamente e distanziati equamente in modo da disegnare una sequenza regolare.

 L’archeologia sperimentale e la costruzione di Stonehenge

Stonehenge
Foto Alexey_Fedoren/Getty Images

Tra i molti misteri che si celano dietro la costruzione del sito, uno di quelli che gli studiosi sono riusciti a svelare grazie all’archeologia sperimentale è certamente il modo in cui i massi da 25 tonnellate sono stati trasportati fino al luogo prescelto ed eretti, con i pochi mezzi a disposizione, dagli uomini neolitici.

Gli studenti dell’University College di Londra hanno provato a capire come sia stato possibile, senza l’ausilio di macchine moderne, trasportare i massi fino a Stonehenge; si stima infatti che alcuni provenissero da 200 chilometri di distanza.
Un recente studio pubblicato su Science Advances, invece, ha confermato che la maggior parte delle rocce dei sarsen (le cosiddette “pietre blu”) provengono da West Woods, situato a circa 25 chilometri da Stonehenge.

Per riprodurre le tecniche antiche, sono state utilizzate delle guide in legno con rulli, grazie ad esse i massi potevano rotolare senza strisciare, e si è rivelata sufficiente la spinta di una mano per ottenerne il movimento. La slitta a Y utilizzata dagli sperimentatori ha permesso a un grande blocco di muoversi sul percorso di tronchi a una velocità di 1,6 chilometri orari.

Foto di Finnbarr Webster / Getty Images

Per sollevare uno di questi blocchi di pietra, invece, è sufficiente che sia poggiato su un supporto costituito da assi in legno, in modo da creare la sempre efficace leva. In seguito, inclinandolo a destra e a sinistra, basta inserire un’asse che sposti il punto di appoggio leggermente più in alto fino a ottenere il suo ribaltamento su una buca costruita in precedenza per alloggiare il monolite. Per non farlo ribaltare, infine, sono sufficienti delle corde che ne rallentino la caduta.

Non si hanno certezze su come sia stato realizzato questo sforzo erculeo in una finestra di tempo ragionevolmente breve, ma gli archeologi confermano che sia stato possibile solo grazie a un coordinamento sociale su larga scala. In sostanza, oggi come ieri l’unione fa la forza…e qualche volta, potremmo aggiungere, i risultati sono spettacoli che perdurano da migliaia di anni.

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