L’arte preistorica nella Grotta del Romito di Papasidero

Un gesto magico di un antico cacciatore ci ha lasciato, sulle rocce della Grotta del Romito a Papasidero in Calabria, una della maggiori manifestazioni di arte preistorica
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In provincia di Cosenza, nei pressi del borgo medievale di Papasidero, si trova una delle più significative testimonianze dell’arte preistorica europea: si tratta del Bos Primigenius, un antico toro inciso da un cacciatore paleolitico nella Grotta del Romito. La Grotta e il Riparo adiacente restituiscono, attraverso una stratigrafia che si estende per decine di millenni, un quadro della vita, della religione e dell’ambiente naturale del periodo Mesolitico e Neolitico in Italia e che non mancano di far sentire il legame profondo con la spiritualità dei nostri antenati.

L’ arte magica del Romito

A Papasidero in una grotta nei pressi del fiume Lao, un cacciatore preistorico lasciò il suo segno magico con una grande incisione che raffigura un Bos Primigenius (un antenato del toro). Si tratta di uno dei capolavori assoluti dell’arte preistorica tracciata con un segno deciso e snello, tanto che è stato definito la più maestosa e felice espressione di arte verista paleolitica in area mediterranea.

Lo stile della Grotta del Romito è simile a quello attestato in area francese e spagnola, rispettoso delle proporzioni naturali con attenzione ai dettagli anatomici e anche a una basilare prospettiva. L’animale è raffigurato immobile ed è accompagnato da altre figure più semplificate; sulla base dei confronti stilistici di queste figure gli studiosi hanno valutato che si possa datare tra i 14.000 e i 12.000 anni fa.

Si deve immaginare che per gli uomini che realizzarono l’opera ogni cosa era animata da forze potenti e oscure e che con questa traccia sulla roccia i cacciatori volessero conoscere e padroneggiare le forze della natura. Si configura, infatti, come un gesto magico legato a riti che i cacciatori compivano; una combinazione di arte e alchimia che attraverso un gesto simbolico invocava il successo della caccia che avrebbe garantito la sopravvivenza della tribù grazie agli animali che avrebbero fornito il necessario per coprirsi e cibarsi, in un’era in cui ancora la stanzialità e l’agricoltura non erano conosciute.

La Grotta e il Riparo del Romito

La Grotta e il Riparo del Romito, furono scoperte nel 1961 grazie a campagne di scavo promosse in ambito universitario, si trovano a circa 30 chilometri dalla costa tirrenica in provincia di Cosenza e costituiscono uno dei più rilevanti giacimenti del Paleolitico Superiore (30.000-10.000 anni fa) dell’Italia meridionale, poiché la loro importanza è legata non solo alle manifestazioni artistiche della grotta ma anche all’imponente documentazione preistorica che forniscono.

Si tratta di due ambienti che appaiono quasi distinti e che si raggiungono attraverso un angusto passaggio che immette negli ambienti interni. Qui, vicino al bos, sono state rinvenute due coppie di scheletri e altre sepolture di cui l’ultima, emersa nel 2010, è appartenente a un giovane cacciatore vissuto 17.000 anni fa.
sepolture romitoLe informazioni che è stato possibile rilevare grazie alle evidenze archeologiche vanno dalla ricostruzione dell’ambiente, alle attività della comunità mesolitica, alle trasformazioni climatiche della zona attraverso i millenni. La continuità frequentativa del sito, infatti, si estende in un arco temporale che va dai 23.000 ai 6.000 anni fa e permettono di stabilire che quest’area rappresentava una delle più significative aree insediative d’Europa.

L’Antiquarium posto nei pressi della Grotta del Romito consente di conoscere le varie fasi di scavo, ma anche di apprezzare la ricostruzione fisiognomica di uno degli antichi abitanti del luogo.
Qui, inoltre, è presente l’esposizione dei manufatti utilizzati dall’Homo Sapiens che abitava le grotte come strumenti in pietra, reperti ossei e ornamenti. All’interno dell’area archeologica è possibile anche visitare l’archeodromo, un grande spazio all’aperto che ospita la ricostruzione ragionata di tre capanne che illustrano altri modi di abitare che erano verosimilmente presenti durante il Paleolitico nella zona e si qualificavano come alternativi al riparo sotto la roccia.

Il borgo di Papasidero

papasideroIl borgo di Papasidero è posto sulla riva sinistra del fiume Lao, ed è uno dei comuni più importanti del Parco Nazionale del Pollino. Il suo toponimo pare si possa riferire a un papas isidoros che fu un capo di una comunità monastica italo-greca a riconferma della centralità che il comune ebbe proprio nella regione mercuriense quale culla di questo particolare monachesimo.

Nel centro è possibile compiere un itinerario storico che passa attraverso le strette vie poste sul declivio naturale e visitare chiese cinquecentesche come la Chiesa di San Costantino o la Cappella di Santa Sofia, datata tra l’XI e il XII secolo, che, con la sua pianta trapezoidale con oculo ellittico sulla facciata, fu edificata tra le antiche abitazioni e conserva uno splendido ciclo di affreschi in stile bizantino.

castello papasideroIl Castello di epoca Normanno-Sveva si eleva, invece, con la sua pianta pressoché rettangolare e la torre semicircolare, su uno sperone roccioso a strapiombo sul fiume ed era con tutta probabilità un punto di raccordo di un’ampia cinta muraria nella quale si aprivano le porte per la cittadella che fu abitata fino agli anni 30 del ‘900.

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