Coronavirus, Massimo Galli: possibilità di terapia a casa molto limitate”

All'ospedale Sacco di Milano c'è "una situazione di pressione molto significativa, usando un termine sufficientemente chiaro che non vuole essere terroristico"
MeteoWeb

“Qualcosa che non funziona sulla medicina territoriale c’è dall’inizio di tutta questa storia e anche prima, mi sembra estremamente evidente”. Così a Timeline, su Sky TG24 Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano. “I medici di famiglia – ha aggiunto – ancora lamentano, e non sono lamentazioni vane, un’importante carenza dell’organizzazione, di disponibilità di presidi e della gestione complessiva che possa portare alla miglior gestione possibile del paziente domiciliare. In questa malattia il 95% dei colpiti non ha sintomi che debbano portare a un ricovero, la maggioranza ha una malattia mite o non ha sintomi, ma ciò non toglie che abbia bisogno comunque di consigli e indicazioni. Una certa parte ha una sintomatologia di rilievo che pur non necessitando di ricovero in ospedale ha bisogno di supporto. Poi c’è quel 5% circa che, invece, in ospedale ci deve venire”.

“Un aspetto decisamente pesante da sopportare per le persone che stanno a casa – ha aggiunto Galli – è la povertà di farmaci di cui disponiamo per le alleviare le preoccupazioni, vengono usati molti antibiotici che non servono a nulla, ma in fin dei conti le possibilità terapeutiche a domicilio sono molto limitate. Non che siano eccezionalmente impattanti anche per chi sta in ospedale, il grosso del recupero viene dato da tutta la terapia di supporto, che consente di valicare la parte più nera della malattia”.

All’ospedale Sacco di Milano c’è “una situazione di pressione molto significativa, usando un termine sufficientemente chiaro che non vuole essere terroristico. L’ospedale è carico di pazienti e non ci sarà grande spazio nei prossimi giorni”, prosegue Massimo Galli. “Stamattina abbiamo avuto 14 codici rossi, 21 codici gialli e 23 codici verdi – ha spiegato – e la proporzione parla da sola. La netta sensazione è che i codici verdi siano arrivati in ospedale dopo averci pensato un po’ e non avendo avuto risposte sufficienti ai loro problemi dal contesto territoriale. Le persone ci pensano due volte prima di venire inutilmente in ospedale”. 

Condividi