Coronavirus, Pierpaolo Sileri: “Lockdown nazionale nel weekend? Non è vero. Spero la Lombardia diventi arancione o gialla in 10 giorni”

"Noi venerdì decideremo se vi sono altre regioni che meritano un passo successivo in termini di gravità e quindi ulteriori chiusure", spiega il viceministro Sileri
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È vero, come scrivono oggi i giornali, che deciderete entro la fine della settimana il lockdwon generalizzato? “Non è vero. Noi venerdì, una volta ricevuti in maniera completa tutti i dati, decideremo, attraverso la cabina di regia, se vi sono altre regioni che meritano un passo successivo in termini di gravità e quindi ulteriori chiusure”. Risponde così il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, alla domanda dei conduttori di ‘Un giorno da pecora’ su Rai Radio 1. “E’ possibile, ma non probabile – aggiunge – che se i dati sono brutti su tutta l’Italia avremo più regioni arancioni e più regioni rosse. Se i 21 criteri” scelti per la classificazione delle fasce di rischio Covid-19 “mostreranno tutti criticità potremo avere 21 regioni rosse, quindi un lockdown nazionale, ma non credo che sarà così perché non tutte le regioni sono gravi nella stessa identica maniera”. “I dati – ricorda infine Sileri – vengono processati ogni giorno, ma venerdì sapremo se entro fine settimana ci saranno altre regioni attenzionate che avranno bisogno” di una ulteriore stretta.

E’ una grande stupidaggine dire che l’Italia è sprovvista di frigoriferi a -70 gradi per il vaccino anti-Covid. Stiamo ancora parlando di un vaccino non ancora disponibile sul mercato. Mi sembra di essere tornati al mese di febbraio-marzo, quando il virus non si conosceva e si andava a cercare la notizia particolare pur di avere la notizia. Stiamo parlando di un vaccino di cui non abbiamo ancora visto nemmeno il colore della confezione – ha precisato – Così come non sappiamo quanti vaccini saranno disponibili”. Sappiamo, ha spiegato Sileri, che “uno, o più di uno, sono in dirittura d’arrivo. Organizziamoci con i piani vaccinali. Non andiamo sempre a cercare il negativo, perché la popolazione rimane smarrita”.

Basta “chiacchiere” come quella secondo cui “le regioni cambiano colore” di rischio Covid “in base all’orientamento politico“. I dati sulla situazione nelle varie regioni “vengono trasmessi quotidianamente, e se disgraziatamente in 2-3-4 giorni si dovesse avere una regione in cui c’è un netto peggioramento allora bisogna intervenire tempestivamente. Si può passare dal giallo all’arancione o al rosso, ma attenzione: vale anche il contrario”. Sileri, fa un esempio esprimendo un auspicio: quello che magari “fra 10 giorni una regione come la Lombardia, e io mi auguro che questo possa accadere, abbia un andamento tale da poter tornare a essere arancione se non addirittura gialla”.

Tornando a chi lamenta ‘colori’ decisi in base a logiche politiche, Sileri ripete che “io una cosa del genere non posso sentirla, e manca di rispetto ai miei colleghi medici e infermieri che rischiano di morire sul campo. Così come quando si dice che i numeri inviati” dalle Regioni “sono numeri modificati con dolo. Davvero non credo che sia così. Credo che vi sia anche una difficoltà nel raccogliere i dati, specie dove il virus corre di più”. “Se su quei numeri dobbiamo controllare, controlliamo e controlleremo ancora di più“, assicura il viceministro.

“Se ci si accusa nelle Regioni e anche a livello centrale di aver mancato qualcosa e di doverlo migliorare sono il primo a dirlo – puntualizza – ma non ci sto a creare un clima di panico e sfiducia nelle istituzioni. Questo non aiuta i cittadini e non aiuta i nostri sanitari sul campo. Le regioni – ribadisce Sileri – le facciamo rosse, arancioni o gialle a seconda dei numeri”, attraverso “un sistema sartoriale” grazie al quale “stiamo cercando, in un momento di crisi internazionale, di salvare l’Italia e gli italiani”. La logica difesa dall’esponente M5S, medico, è quella di disporre “chiusure razionali in tempo utile per non arrivare a un lockdown nazionale. Aspettiamo di controllare i risultati di queste soluzioni sartoriali e cerchiamo di parlare meno”. I cittadini hanno bisogno di “notizie semplici e fruibili e di speranza, che non è solo il nome del mio ministro”, conclude.

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