Anche Lino Banfi ha perso il cuore. Il grande artista 84enne che tutt’Italia ha nel cuore, oggi ha rilasciato dichiarazioni terribili in vista del Natale con la pandemia. Parole sferzanti e pungenti dette da lui, che ha sempre avuto un cuore grande così e ha rappresentato la passione meridionale, il calore tipico dell’Italia e della cultura latina, in tutte le sue opere. ”Dobbiamo dire la verità su chi sono i veri parenti intimi, non dobbiamo fingere all’italiana trovando l’escamotage su tutto. Ahimé, questa volta non lo possiamo fare. Facciamo finta di essere danesi oppure olandesi e rispettiamo le regole. Noi italiani siamo abituati a dire, abbracciandolo, che anche un amico è un parente stretto. E questo non va bene. Non dobbiamo cercare di fare le cose segrete. Sono un povero nonno, rappresento i nonni italiani che sono 14 milioni. Dite la verità, non dite che siamo tutti intimi. A Natale stiamo soli in pochi, quest’anno faremo a meno delle tavolate enormi. Diversamente, staremo sempre punto e daccapo. A tavola potrebbe venire uno che non è un parente stretto: immaginiamoci che, alla vigilia di Natale, nel momento più bello, qualcuno tossisce. E che cosa succede? Questa è la domanda che mi pongo sempre: tutti guarderebbero male questa persona, potrebbero alzarsi dal loro posto. Oppure potrebbero mandarla via“.
Ma, caro nonno Lino, perchè adesso non va bene se noi italiani siamo abituati a considerare anche un amico è un parente stretto? Perchè dovremmo diventare freddi e distaccati come i danesi? Non è forse un valore il nostro senso di accoglienza e comunità? Il nostro volerci bene, voler stare insieme, amare la vita e la socialità?
Il timore è che il Covid-19 abbia fatto perdere il cuore persino a Lino Banfi, che ne aveva uno grande così. Non è una novità di questa pandemia, basterebbe rileggere Boccaccio che illustrando l’effetto più terribile della peste, testimoniava la distruzione del vivere civile perchè il vicino iniziava a odiare il vicino, il fratello iniziava a odiare il fratello, e persino i figli abbandonavano i genitori. La peste metteva gli uomini l’uno contro l’altro, proprio come oggi sta facendo questo maledetto virus cinese.
Ma, caro nonno Lino, noi il Natale lo festeggiamo con chi vogliamo. Non potremo partire, non potremo viaggiare, non potremo neanche abbracciarci come al solito, ma con chi stare a pranzo o a cena, gli affetti di cui circondarci, la scelta di dove e con chi stare, non ce la potrà determinare mai nessun Ministro nè tantomeno un esperto “tecnico-scientifico” o la norma di un Dpcm. Useremo le mascherine, manterremo le distanze, faremo un tavolo più grande e spazioso. Ma continueremo a stare insieme a chi amiamo. E “se nel momento più bello qualcuno tossisce“, noi gli porgeremo una caramella. E se starà male, gli rimarremo affianco per curarlo e assisterlo. E anche qualora dovesse rientrare nello zero virgola dei positivi al Coronavirus che non ce la fa, allora se ne sarà andato col sorriso nel cuore per l’affetto testimoniato dai suoi cari fino alla fine. In quello che con ogni probabilità sarebbe stato comunque il suo ultimo Natale, visto che quello zero virgola è fatto di persone molto anziane e dalla salute già terribilmente compromessa.
Noi italiani siamo fatti così, molto meglio un colpo di tosse al cenone di Natale che rinchiuderci in solitudine e cattiveria considerandoci tutti reciprocamente untori e uccidendoci tutti prima del tempo. Sarebbe il colpo di grazia proprio per i milioni di nonnini come te, caro Lino, a cui dobbiamo rivolgere il nostro più grande pensiero in un momento così difficile. E che non possiamo definitivamente isolare.