Coronavirus e gravidanza, i dati sono più che positivi: nessun decesso, sì a parto naturale e allattamento

Donne in gravidanza positive al coronavirus: i dati fanno sorridere, nessuna pesante conseguenza su mamme e bambini nonostante l'infezione da Covid
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La pandemia da coronavirus ha preoccupato, in questo 2020, tantissime donne in gravidanza. Tanta la paura di contrarre il Covid nella vicinanza della data del presunto parto, oltre che durante i mesi di gestazione, con tanto timore di mettere in pericolo il nascituro. I dati riguardanti neo mamme e neonati sono però, fortunatamente, positivissimi. Durante la prima ondata della pandemia sono state rilevate 875 gravidanze di donne positive al coronavirus e non è stata segnalata nessuna morte materna ed il tasso di cesarei è stato in linea con quello nazionale registrato prima dell’emergenza Covid. Ad affermarlo sono i dati del progetto sull’infezione da coronavirus in gravidanza, al parto e in puerperio, coordinato dall’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) dell’ISS, la rete di sorveglianza che dal 2013 raccoglie dati sulla mortalità materna e conduce studi di popolazione sulla grave morbosità materna.

donna incintaIl primo caso ostetrico in Italia è stato registrato il 25 febbraio e fino al 30 settembre sono stsati registrati 875 casi di mamme positive, per ognuno dei quali sono state acquisite informazioni socio-demografiche, materne e il dettaglio del percorso clinico assistenziale e terapeutico, comprensivo dell’assistenza al parto e delle informazioni relative agli esiti materni e neonatali.

Nelle 667 donne che hanno partorito, il tasso di incidenza dell’infezione da Covid-19 è pari a 2,9 casi per 1000 parti a livello nazionale: 5,3/1000 nel Nord; 1,6/1000 nel Centro; 0,6/1000 al Sud del Paese e 8,9/1000 in Regione Lombardia che ha segnalato il 53% dei casi complessivi. Il progetto coinvolge tutti i punti nascita del Paese in cui vengono assistite donne con infezione confermata da SARS-CoV-2 in atto o pregressa. Nella PA di Trento e nelle Regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Campania lo studio prevede anche la raccolta di campioni biologici materni, fetali e placentari per la ricerca del virus e lo studio delle possibili vie di trasmissione materno-fetale dell’infezione.

gravidanzaNelle 667 donne con infezione da coronavirus che hanno partorito, le caratteristiche e gli esiti clinici sono simili a quelli descritti per la popolazione generale. La maggior parte delle donne positive ha manifestato una malattia da lieve a moderata e solo il 2% è stato ricoverato in terapia intensiva. Il 18,6% delle donne ha sviluppato una polmonite interstiziale da COVID-19. La percentuale di parti pretermine ha riguardato il 13% delle gravidanze, quasi il doppio del tasso nazionale, ma il 71% di questi casi è ascrivibile alla decisione di anticipare il parto e non alla sua insorgenza spontanea. Il tasso di tagli cesarei è stato pari al 34%, in linea con il tasso nazionale: ciò significa che non si è fatto ‘abuso’ di parto cesareo e che nelle cliniche sono state rispettate le raccomandazioni internazionali in cui si invita a partorire in maniera naturale, se possibile, anche in caso di positività al coronavirus, poichè il tipo di parto non influsce assolutamente sull’infezione del neonato, così come nemmeno il rooming-in e l’allattamento.

test preconcepimento gravidanzaIl 51% delle donne ha potuto avere accanto una persona di sua scelta durante il travaglio/parto e il 54% dei neonati è potuto rimanere accanto alla mamma, di questi il 27% ha praticato il contatto pelle-a-pelle. Durante il ricovero il 69% delle mamme e dei neonati hanno potuto condividere la stessa stanza e il 76% dei piccoli ha ricevuto il latte materno. Questi dati quindi evidenziano un netto miglioramento delle pratiche assistenziali del peri-partum, con un maggiore rispetto della fisiologia della nascita e una maggiore attenzione nel favorire il contatto madre-bimbo, il rooming-in e l’allattamento col passare del tempo e con una maggiore conoscenza del virus.

Le condizioni di salute dei bambini che non sono stati separati dalle madri durante il ricovero non sono peggiori di quelle dei neonati allontanati alla nascita. Al 30 settembre sono state registrate 6 morti in utero e una morte neonatale non riconducibili al Coronavirus e nessuna morte materna. Nella Regione Lombardia, che ha segnalato oltre la metà dei casi raccolti, confrontando i tassi di mortalità in utero e neonatale stimati durante la prima ondata della pandemia con quelli rilevati negli stessi mesi del 2019, non sono emerse differenze. Sul totale dei 681 neonati presi in esame solo 19, pari al 2,8%, sono risultati positivi al virus dopo la nascita; solo uno ha avuto complicazioni respiratorie risolte dopo ricovero in terapia intensiva.

Lo studio permette di descrivere i modelli organizzativi e le modalità assistenziali adottate per fronteggiare la prima ondata dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 in ambito perinatale con l’obiettivo di produrre conoscenza utile ai decisori e ai professionisti sanitari che stanno affrontando la seconda ondata. Dai dati raccolti emerge chiaramente che, salvo nei rari casi di condizioni cliniche gravi della donna, i benefici del parto vaginale, del contatto madre-bambino e dell’allattamento sono molto superiori ai rischi dell’infezione, e vanno pertanto promossi nonostante la pandemia. Una conclusione condivisa dalle principali agenzie internazionali, dall’UNICEF all’OMS“, ha spiegato la responsabile Serena Donati.

La rapidità di avvio delle procedure operative, l’adesione nazionale al progetto, la condivisione di strumenti comuni per la raccolta dati, la qualità e la completezza delle informazioni raccolte testimoniano come la disponibilità di reti attive, sul modello di ItOSS, rappresenti un elemento essenziale della preparedness in caso di emergenza sanitaria“, ha aggiunto il presidente dell’ISS Silvio Brusaferro

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