“Non è possibile contrastare efficacemente il Covid-19 senza adeguati investimenti nelle cure primarie che coinvolgano i Medici di medicina generale e la Continuità assistenziale. Attualmente su 571.000 pazienti Covid-positivi in Italia, oltre il 95% viene assistito solo a casa propria; è evidente come questo fronte del contrasto al virus rappresenti un filtro fondamentale per decongestionare gli ospedali e le terapie intensive, ma non abbia avuto un adeguato riconoscimento e un’adeguata attenzione da parte delle Istituzioni”. Lo sottolinea il Dott. Euro Grassi, Presidente di Confcooperative Sanità Emilia Romagna, che interviene per chiedere un cambio di rotta alla Regione ed al Governo, a seguito degli ultimi provvedimenti adottati ed in vista del Recovery Plan. “Anche il Prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore Istituto Mario Negri, ha confermato in un recente documento la necessità di agire ai primi sintomi Covid-19 curando a casa i pazienti con antinfiammatori (inibitori della ciclo-ossigenasi 2 o COX-2 inibitori), minimizzando il rischio di ricovero in ospedale” riferisce il Presidente di Confcooperative Sanità Emilia Romagna.
Grassi ricorda l’esperienza avviata a marzo dall’AUSL di Reggio Emilia con gli ambulatori Covid per i sospetti Covid segnalati dai Medici curanti, gestiti dai Medici di medicina generale che – associati alle USCA per gli ammalati domiciliari Covid lievi o dimessi – hanno consentito una risposta territoriale diretta ai cittadini con esami rapidi, tampone, ecofast toracica, terapie anti-infiammatorie precoci e percorsi facilitati, senza dover ricorrere al Pronto Soccorso. “In questo modo – continua il Dott. Grassi – a Reggio Emilia è stato possibile ridurre da 6 a 1 giorno il tempo di diagnosi, mantenendo a casa solo nei mesi di marzo e aprile scorsi ben 7.000 pazienti, con una riduzione di accessi ai Pronto Soccorso (-30%) e di ricoveri, un alto numero di guariti (83,35%) e una letalità più bassa della media regionale (12% contro 15%), pur essendo stata Reggio Emilia seconda per numero di contagiati dopo Bologna, e dopo Piacenza per percentuale di contagiati, quarta dopo Piacenza, Parma e Bologna per incidenza dei casi, senza alcun contagio del personale sanitario coinvolto. Inoltre, questa organizzazione ha permesso di mantenere aperti gli studi dei Medici di medicina generale per altre patologie, anziché costringerli a fare solo triage, televisita e telemonitoraggio, e di effettuare il 100% dei test sierologici agli insegnanti ed i tamponi antigenici rapidi”. “Quello sperimentato a Reggio Emilia si è rivelato un modello territoriale funzionante, con il coinvolgimento dei Medici di medicina generale, oltre 200 dei quali organizzati in forma di medicine di gruppo o rete cooperativa– aggiunge il Presidente di Confcooperative Sanità Emilia Romagna -. Chiediamo che venga esteso ovunque in Italia, si facciano investimenti prioritari nelle cure primarie, collegandole organicamente in rete con ospedali e laboratori, anziché potenziare unicamente ospedali e terapie intensive, e che le società cooperative mediche vengano messe in condizioni fiscali e normative più agevolate per fornire a tutti i Medici di medicina generale e ai Pediatri di libera scelta, i fattori di produzione necessari al loro lavoro, perché non ci saranno mai posti letto o letti di terapia intensiva sufficienti senza il filtro delle cure primarie”.
“Confcooperative Sanità Emilia Romagna – conclude il Dott. Euro Grassi – con le sue cooperative di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, farmacisti, operatori socio-sanitari e mutualistiche, ha grandi possibilità progettuali e capacità operative per fornire i fattori produttivi ai Medici di medicina generale e ai Pediatri di libera scelta e, in vista della definizione del Recovery Plan, intende avviare un confronto con la Regione per proporre il proprio contributo costruttivo circa le proposte allegate, anche al fine di supportare in maniera sussidiaria il Sistema Sanitario Regionale”.