Astronomia, a caccia di vita nel Sistema Solare: un violento impatto su Titano potrebbe avere creato l’ambiente “ideale”

Perché il più grande cratere su Titano, satellite naturale di Saturno, potrebbe essere la culla perfetta per la vita
MeteoWeb

Secondo un’ipotesi avanzata da un team dell’Università di Campinas, presentata durante la Lunar and Planetary Science Conference, il più grande cratere su Titano, satellite naturale di Saturno, potrebbe essere la culla perfetta per la vita.
Gli scienziati hanno eseguito una serie di simulazioni per verificare se più grande cratere presente sulla luna di Saturno possa derivare da un impatto abbastanza forte da provocare le condizioni adatte alla vita.
La superficie della luna è ricca di idrocarburi, e sotto la crosta potrebbe esservi principalmente un oceano acquoso ghiacciato: secondo gli autori l’impatto con un asteroide avrebbe potuto miscelare i due composti e avviare un percorso di formazione di organismi viventi.
E’ un’idea molto entusiasmante: la presenza di acqua liquida e calda sulla superficie può creare le condizioni favorevoli alla vita. Il materiale organico a contatto con l’oceano aumenta le possibilità che l’acqua sviluppi le condizioni adatte a ospitare la vita,” ha spiegato Lea Bonnefoy, dell’Università di Parigi.
Nel 2012 è stata formulata la teoria secondo cui a circa 100 km sotto la crosta di Titanio si nasconde un oceano: il team dell’Università di Campinas è partito dall’idea secondo cui alcuni degli impatti che hanno portato alla formazione dei crateri presenti sulla luna potrebbero aver agitato il materiale organico presente sulla superficie fino a permettere il contatto con l’acqua sottostante. Gli astronomi hanno quindi riprodotto con un modello l’impatto che ha generato Menrva, il più grande cratere di Titano, largo 425 km, scoprendo che la formazione potrebbe derivare dalla collisione con un asteroide largo 34 km. “Potrebbe essersi formato un lago nel cratere, per via del calore generato dall’impatto ma sarebbe esistito solo per 1 milione di anni prima di soccombere al freddo glaciale sul satellite. Questo, però, potrebbe essere un tempo sufficiente per l’evoluzione di microbi e batteri,” ha spiegato Alvaro Penteado Crosta dell’Università di Campinas.
Gli scienziati hanno focalizzato la loro attenzione su Menrva, ma è stato precisato che anche altri crateri potrebbero essersi formati a seguito di impatti in grado di generare abbastanza calore da consentire la presenza di acqua allo stato liquido, come ad esempio Selk, di 90 km di larghezza, sito di atterraggio previsto per la futura missione Dragonfly della NASA.

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