Rapa Nui è il nome indigeno dell’Isola di Pasqua che si traduce con la locuzione “grande Isola”, quest’isola sperduta nell’Oceano Pacifico attrae i visitatori con i suoi misteri: come quello che riguarda i primi abitanti di quest’isola e i loro riti, o quello che si aggira intorno al significato dei Moai, le gigantesche statue monolitiche spesso parzialmente sepolte, e corredate da iscrizioni geroglifiche non ancora del tutto decifrate.
I popoli e gli esploratori dell’Isola di Pasqua
L’Isola di Pasqua si trova a sud del tropico del Capricorno nell’Oceano Pacifico Meridionale, ed è ancora oggi un mistero come abbia fatto l’uomo a popolare questo lembo di terra vulcanica sperduto al centro del mare.
Si suppone che i primi abitanti fossero polinesiani provenienti dalle Isole Marchesi e sudamericani che si insediarono sull’isola in più ondate migratorie in un periodo compreso tra il X e il XVII secolo d.C..
Dagli occidentali Rapa Nui fu avvistata per la prima volta quando il bucaniere inglese Edward Davis vi si imbatté nel 1686/87, tuttavia, furono gli olandesi della spedizione guidata dall’ammiraglio Jacob Roggeveen ad approdarvi per primi i 5 aprile del 1722, giorno in cui ricadeva proprio la Pasqua da cui prende il nome l’isola.
Anche James Cook sbarcò sull’isola 50 anni dopo, nel 1774, occasione durante la quale annotò nel suo giornale di bordo queste parole: “Il paese appariva senza vegetazione e senza boschi, ma c’erano non di meno numerose piantagioni di patate, banani e canna da zucchero; abbiamo visto anche del pollame e trovato un pozzo di acqua salmastra”.
Fu nel 1888 che il Cile impose la propria sovranità sull’Isola di Pasqua, la quale venne dichiarata parco nazionale nel 1935 e Patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco nel 1995.
Le leggende e i riti di Rapa Nui
Oggi sono numerosissimi i visitatori che ogni anno riscoprono quello stesso fascino che ispirò le parole del poeta Pablo Neruda, e una delle mete più visitate è Anakena, una spiaggia molto frequentata anche per la presenza di due siti archeologici e per la leggenda che ha qui origine.
Secondo questa leggenda il re Hotu Matua approdò proprio sulla spiaggia di Anakena; fu lui il primo colonizzatore di Rapa Nui, come esplicitato anche nel termine Matua che in polinesiano si traduce con “antenato”.
Un’altra delle spiagge più ricercate dai visitatori è quella di Ovahe, che si colloca sulla costa nord dell’isola, ed è dominata da una spettacolare parete di roccia vulcanica; l’isola tutta è di origine vulcanica e si riconosce la presenza di tre vulcani oggi spenti.
L’isola ha una forma triangolare e alle tre punte corrispondono proprio i tre vulcani maggiori: il Poike, il Rano Kau e il Terevaka.
Il cratere del Rano Kau è alto circa 410 metri ed è occupato da un lago di acque dolci, qui ha sede anche il villaggio di Orongo, il quale costituiva anche un centro religioso in cui fino alla metà del XIX secolo si praticava il culto dell’Uomo-Uccello.
Il rito del Tangata Manu era quello legato proprio al culto dell’Uomo-Uccello.
Durante la festa religiosa dedicata alla divinità Makemake, ogni anno le tribù sceglievano un guerriero che si confrontasse con una sfida che metteva alla prova il coraggio dei partecipanti: questi partivano dal villaggio di Orongo e si tuffavano in mare tra gli squali che infestano queste acque, dirigendosi verso l’isolotto di Motu Nui.
Qui dovevano raccogliere il primo uovo deposto dalla sterna fuligginosa e tornare poi a nuoto sull’isola per consegnare il premio al Gran sacerdote. Il vincitore diventava, per l’anno che seguiva da quel momento, l’Uomo-Uccello, appunto il Tangata Manu, titolo onorifico che conferiva particolari vantaggi e privilegia sia a lui, che al suo capo villaggio, che al suo clan.
I Moai: il mistero dei monoliti dell’Isola di Pasqua
Uno dei principali misteri dell’Isola di Pasqua risiede nei circa 1000 giganteschi monoliti antropomorfi che si presentano come sentinelle a guardia dell’isola: i Moai. Questi possiedono delle sembianze specifiche poiché appaiono squadrati, con un ampio naso e uno sguardo severo.
L’altezza delle statue varia da un minimo di 2 metri e mezzo e un massimo di 10 metri, ma la più grande, mai non completata, misura addirittura 21 metri; il loro peso invece può raggiungere anche le 80 tonnellate.
Nella gran parte dei casi, delle statue sono visibili solo le teste, ma al di sotto di queste è quasi sempre presente un corpo interrato, molti tra i monoliti, poi, hanno anche piedistalli di pietra, gli ahus.
Sulla testa di alcuni è presente il Pukao, un cilindro ricavato da una roccia vulcanica di colore rosso proveniente dal cratere di Puna Pao, che si suppone potesse rappresentare una particolare acconciatura maschile o un copricapo tipico.
I Moai vennero scolpiti in blocchi unici utilizzando il tufo basaltico delle cave del vulcano Ranu Raraku, qui si trovano oltre 400 statue mai completate. Tra i misteri dell’Isola di Pasqua rimasti ancora insoluti vi sono, sul dorso dei monoliti, iscrizioni in una scrittura geroglifica non ancora completamente decifrata, il Rongorongo.
Se per molto tempo si è ritenuto che i monoliti rappresentassero omaggi ad antenati divinizzati e che fossero stati innalzati in posizioni casuali sul terreno; oggi gli archeologi, studiando la mappa delle risorse naturali dell’isola e confrontandola con la posizione delle statue, sono giunti a dedurre che persista una significativa sovrapposizione di queste ultime con la presenza delle fonti di acqua dolce, il bene più prezioso dell’Isola di Pasqua.
Rapa Nui un’isola di vulcani
Rapa Nui misura solamente 170 chilometri quadrati e si colloca sulla dorsale pacifica, ha certamente origini vulcaniche e le sue coste a picco sul mare si inabissano rapidamente fino a 3000 metri di profondità.
Si tratta di una delle isole più povere di specie vegetali di tutto il sud del Pacifico, questo a causa delle grandi distanze che la separano dal continente americano e dalle altre isole polinesiane e che hanno determinato un limite nella possibilità della diffusione di molte specie; quelle che sono infine giunte fino al terreno vulcanico sono state soltanto quelle portate in questo luogo dagli uccelli.
Tuttavia, anche la conformazione dell’isola che si presenta collinosa e quindi soggetta ai forti venti pacifici non ha contribuito alla diversificazione floristica, al pari di quanto hanno fatto altri due fattori: quello della temperatura e quello dell’umidità che appaiono quasi sempre costanti.
Anche la presenza umana fu un fattore determinante nell’impoverimento vegetale dell’Isola di Pasqua, poiché questa presenza protrattasi fin dai tempi antichi finì con il modificare l’ambiente attraverso lo sfruttamento intensivo della vegetazione autoctona, depauperamento tale da provocare la totale estinzione di alcune specie.