Un nuovo studio condotto sui fondali marini dello Stretto di Messina e sulla sismo-tettonica dell’area svela, per la prima volta, l’ubicazione e le caratteristiche geometriche della possibile faglia da cui si originò il devastante sisma del 1908, seguito da uno tsunami, che provocarono la distruzione completa delle città di Messina e Reggio Calabria e di altri numerosi centri minori e la morte di 100mila persone.
“La scoperta è nata da una collaborazione internazionale con diversi gruppi di ricerca, tra cui l’Università di Catania, l’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Center for Ocean and Society-Institute of Geosciences dell’Università di Kiel in Germania”, spiega ai microfoni di MeteoWeb il Prof. Giovanni Barreca (Università di Catania), tra i principali autori dello studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Earth-Science Reviews.
“L’importanza della scoperta risiede nel fatto che 113 anni dopo l’evento del 28 dicembre 1908, non si era mai giunti ad una soluzione scientificamente accettata per capire quale era stata la faglia che aveva generato questo terremoto. Perché è importante conoscere l’ubicazione della faglia e soprattutto di alcuni parametri geometrici, come la sua lunghezza? Perché esistono delle relazioni che mettono in correlazione la lunghezza della faglia e la magnitudo massima che quella faglia può scatenare. La faglia è lunga 34,5km e secondo queste relazioni, è capace di scatenare un terremoto di magnitudo 6.9, molto vicina al terremoto del 1908 stimata in 7.1, anche se la magnitudo minima stimata era di 6.8”, continua Barreca.
“Inoltre, dopo tanti anni, si riesce a mettere un punto di forza sulla struttura dello Stretto di Messina con l’ubicazione esatta di questa faglia perché, se si vanno a vedere i modelli precedenti, ce n’erano tra i più disparati. Noi, utilizzando delle moderne tecnologie di indagine dello Stretto, una sorta di “ecografie” del fondale per scoprire cosa c’è sotto, siamo riusciti a vedere questa rottura, questa dislocazione dei sedimenti. Un altro tema importante è che questa faglia ha rotto il fondale marino, quindi significa che questa faglia si è mossa abbastanza di recente”, spiega l’esperto.
“Anche per le popolazioni i cui antenati hanno vissuto questo dramma, finalmente si conosce quale è la struttura che ha generato questo terremoto, la sua ubicazione e soprattutto quando si penserà – e ora è un tema caldo – di realizzare un attraversamento dello Stretto, gli attori che se ne occuperanno, dovranno prendere in considerazione, se vogliono, questo quadro sismo-tettonico aggiornato dell’area dello Stretto. Per esempio, una questione molto importante è la lunghezza di questa faglia. Sapendo che la faglia è lunga 34,5km e che può generare un terremoto di magnitudo 6.9, chi progetterà materialmente un attraversamento o qualsiasi altra opera, saprà che essa dovrà resistere ad un terremoto di magnitudo superiore a quella che viene stimata attraverso la lunghezza della faglia”, afferma Barreca.
Ma allora la popolazione deve essere preoccupata dal terremoto o dalle costruzioni non realizzate a norma? “Deve essere preoccupata ma allo stesso tempo sollevata dal fatto che si conosce questa struttura e che questa struttura potrà essere monitorata in futuro con tecnologie abbastanza evolute. E la conoscenza è la base per sconfiggere la paura. Poi se questa faglia in futuro avrà occasione di scatenarsi di nuovo in un movimento tellurico, quello che deve spaventare non è tanto la faglia, perché si sa che lo Stretto è una zona sismica, ma cosa si può fare nei confronti di un evento”, aggiunge l’esperto, riferendosi alla costruzione di edifici antisismici. “Non è il terremoto che fa i morti, ma le case che crollano”.
Sull’allontanamento in atto tra Sicilia e Calabria, Barreca spiega: “Questo è un altro tema che era rimasto irrisolto. Analizzando la sismicità nell’area dello Stretto di Messina, abbiamo notato che esiste un’altra più grossa discontinuità nella crosta sotto lo Stretto, che si muove ma le caratteristiche meccaniche ci suggeriscono che questo movimento non è in grado di generare grossi terremoti. Però questa struttura che si muove destabilizza tutta l’area, portando alla rottura fragile le faglie che si trovano sopra. Noi riteniamo che questo movimento nelle profondità crostali, che avviene in maniera asismica, cioè senza produrre grossi terremoti, in realtà sia il motore che causa l’allontanamento della Sicilia dalla Calabria”.
“Con questa scoperta, facciamo luce su un mistero durato 113 anni, alimentato anche dal fatto che il terremoto si verificò nel 1908, dunque agli albori della sismologia. Per cui, si è dovuto aspettare tanti anni per avere gli strumenti adatti per cartografare questa struttura”, conclude il Prof. Barreca.