Vaccino anti-Covid ai bambini? Tra gli scienziati c’è chi dice no: “Non serve, bisogna continuare a proteggere le fasce a rischio”

Gruppo di esperti sul vaccino anti-Covid ai giovani: "Al momento non si vede l’urgenza di vaccinare i giovani, mentre è molto più urgente vaccinare i tanti anziani e fragili"
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Da quando i vaccini sono arrivati in nostro aiuto nella lotta alla pandemia da SARS-CoV-2, è stato subito chiaro che la priorità erano le persone più anziane e fragili, quelle più a rischio, dunque, di gravi complicanze o di morte. Oggi l’AIFA ha dato l’autorizzazione alla somministrazione del vaccino sviluppato da Pfizer-BioNTech anche alla fascia di età 12-15 anni, dopo il parere positivo espresso dall’EMA il 28 maggio scorso. Ora che la campagna di vaccinazione prosegue spedita anche in Italia, pensando alla riapertura delle scuole a settembre, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha dichiarato che “vaccinare i giovani è altamente strategico ed è essenziale per la riapertura in sicurezza del prossimo anno scolastico”.

È noto da tempo che le scuole siano tra i luoghi più sicuri dal punto di vista del contagio da SARS-CoV-2, invece con queste intenzioni, si vuole subordinare la loro riapertura alle vaccinazioni di massa dei più giovani.

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Foto Tino Romano / Ansa

In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, un gruppo di epidemiologi, medici, pediatri, psicologi, biologi, giuristi affronta l’argomento. “Da vari studi pubblicati in Italia e all’estero e dagli screening effettuati nelle scuole sappiamo che esse sono uno dei luoghi più sicuri. Si stima che sotto i 20 anni la suscettibilità all’infezione sia circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. La mortalità tra 0 e 20 anni per Covid-19 corrisponde a 0,17 per 100.000 abitanti, pari a un duecentesimo della mortalità totale stimata per tutte le cause in un anno normale”, scrivono Sara Gandini, epidemiologa, Daniele Novara, pedagogista, Maria Luisa Iannuzzo, medico legale, Marco Cosentino, medico farmacologo, Maurizio Rainisio, statistico, Raffaele Mantegazza, pedagogista, Ilaria Baglivo, biologa, Maurizio Matteoli, pediatra, Emilio Mordini, psicanalista, Gilda Ripamonti, giurista, Olga Milanese, avvocato, Elena Dragagna, avvocato, Marilena Falcone, ingegnere, Francesca Capelli, sociologa.

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Foto Kena Betancur / STR / Ansa

L’autorizzazione condizionata concessa da EMA al vaccino anti Covid per gli adolescenti della fascia d’età 12-15 anni significa che i giovani a rischio o coloro i cui tutori ritengano debbano essere vaccinati, potranno esserlo. I pronunciamenti del Ministero e di molti rappresentanti istituzionali vanno invece nella direzione di condizionare la riapertura delle scuole in presenza solo a una massiva vaccinazione di categorie che sono a basso rischio di infezione e contagio e a rischio trascurabile di morbidità, introducendo un chiaro vulnus democratico. Mai prima la medicina ha chiesto tanto: vale la pena ricordare che i trattamenti medici si somministrano per la tutela della salute individuale, senza poter essere imposti per il solo interesse alla salute collettiva, tanto più nel caso dei minori”, scrivono gli esperti.

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Foto di Etienne Laurent / Ansa

Data la bassa incidenza, la bassa gravità della malattia nelle fasce pediatriche e il fatto che le scuole non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2, anche con le nuove varianti, e quindi i limitati benefici che i vaccini potrebbero avere per la collettività, al momento non si vede l’urgenza di vaccinare i giovani, mentre è molto più urgente vaccinare i tanti anziani e fragili che, per diversi motivi a loro non imputabili, non hanno avuto accesso al vaccino o non sono ancora riusciti a prenotarsi sulla piattaforma. Inoltre, seppur questi dati siano preliminari, nei Paesi dove si è raggiunta un’alta copertura vaccinale (UK, Israele) la curva dei contagi è stata abbattuta anche senza la vaccinazione degli under 16”, si legge ancora.

Gli esperti invitano ad “usare una particolare cautela finché non si avrà una conoscenza adeguata delle implicazioni di questa vaccinazione. I vaccini contro la Covid-19 effettuati nelle fasce di età adulta stanno riducendo i casi gravi di malattia e la mortalità nella popolazione. La loro somministrazione dovrebbe continuare a proteggere prima di tutto le fasce a rischio, per le quali la malattia può essere grave e letale, inclusi i soggetti in età pediatrica che sono particolarmente esposti a causa di patologie concomitanti”, concludono gli esperti.

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