Coronavirus, il report russo stronca Conte e Speranza: “Troppi errori fatali, ecco perché in Italia l’epidemia ha galoppato incontrollata”

Una pessima gestione dell’emergenza coronavirus ha portato l'Italia in una situazione drammatica: il rapporto degli scienziati russi sottolinea errori e negligenze da parte del Governo nelle prime fasi della pandemia
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In un rapporto pubblicato su Russian Journal of Infection and Immunity, Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, due scienziati russi a capo della task force arrivata da Mosca insieme a 104 militari che hanno lavorato a Bergamo dal 22 marzo al 9 aprile 2020, fianco a fianco con i nostri medici, traccia uno spaccato del modo in cui l’Italia ha affrontato la pandemia da SARS-CoV-2 nelle sue prime fasi che ormai è noto da tempo: una pessima gestione dell’emergenza ha portato il Paese in una situazione drammatica.

Il report parla di “molti errori commessi nelle prime fasi dello sviluppo della pandemia in Italia, dove ha assunto le caratteristiche di una catastrofe”. Il 31 gennaio, l’Italia ha dichiarato lo stato di emergenza, ma in seguito “è servito del tempo affinché il Paese sviluppasse una strategia nazionale e iniziasse ad attuarla”, con “un impatto estremamente importante sul corso dell’epidemia da coronavirus”. “Nonostante le informazioni tempestive sulla diffusione della pandemia dell’infezione del nuovo coronavirus, l’assistenza sanitaria del Paese non era preparata ad un tasso di pazienti con polmonite virale in drammatico aumento nella prima fase della pandemia. Le misure di controllo dell’infezione non sono state pienamente applicate e hanno portato alla diffusione dell’infezione tra gli operatori sanitari. I gruppi di popolazione vulnerabili non hanno cercato cure mediche tempestive a causa della mancanza di strutture ospedaliere, così come di personale medico ben preparato”, si legge nel report di 11 pagine.

Il rapporto cita anche una “gestione insufficiente” nella seconda fase della pandemia che si è riflettuta in un “aumento della curva epidemia nel corso del tempo”. “Il ritardo nell’attuazione delle misure restrittive contro l’epidemia ha portato ad una morbilità e ad una mortalità sostanzialmente più alte tra i gruppi vulnerabili e un rallentamento del calo della curva epidemica”.

Il rapporto fa notare anche che parte della classe politica ha respinto la gravità della minaccia epidemica. “Nelle prime fasi dello sviluppo della pandemia in Italia, la reale possibilità di una crisi è stata presa sul serio solo da poche figure. Le affermazioni iniziali sulla necessità dello stato di emergenza sono state accolte con scetticismo sia dall’opinione pubblica che da molti ambienti politici, nonostante non solo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ma anche molti dottori e scienziati italiani avessero avvisato sulla possibilità di una catastrofe per diverse settimane. È significativo che alla fine di febbraio 2020, alcuni ben noti politici italiani, nonostante la promozione dell’auto-isolamento, del distanziamento sociale e di altre misure igieniche anti-epidemiche, abbiano iniziato un incontro con strette di mano pubbliche a Milano per sottolineare che l’economia non avrebbe dovuto farsi prendere dal panico e fermarsi a causa del virus”, si legge ancora nel rapporto.

Tra i fattori che hanno contribuito al problema in Italia, il rapporto cita anche “la non disponibilità da parte dei leader politici ad ascoltare l’opinione della comunità di esperti. Una serie di misure anti-epidemiche corrette e razionali possono non essere efficaci senza la comprensione dell’importanza di un approccio sistematico e dei pericoli di soluzioni parziali e incomplete. Per affrontare la pandemia, il governo italiano ha emesso una serie di decreti che hanno gradualmente aumentato le zone con le massime restrizioni (le cosiddette “zone rosse”), che inizialmente erano nel nord del Paese e poi si sono estese finché sono state applicate a tutto il Paese. Un simile approccio è considerato ragionevole, ripetutamente testato e affidabile”. Ma nella situazione dell’epidemia in Italia, questo non ha portato effetti positivi per due motivi. “Primo, la mancanza di uniformità nella pianificazione e nell’attuazione delle misure restrittive era incompatibile con la rapida diffusione esponenziale del virus in nuove regioni del Paese. Di conseguenza, l’Italia ha monitorato la diffusione del virus ma non l’ha impedita. Inoltre, un approccio selettivo all’introduzione delle misure restrittive ha contribuito inavvertitamente alla diffusione del virus. La decisione di bloccare inizialmente alcune regioni, che non è stata accompagnata dal blocco completo delle strade tra le regioni, è stata inefficace, perché non appena il decreto che annunciava la chiusura del Nord Italia è stato disponibile al pubblico, ha causato un esodo di massa verso il Sud Italia, diffondendo il virus in quelle regioni in cui non c’era”, concludono gli autori del rapporto.

Questo rapporto potrebbe anche finire dentro il fascicolo per epidemia colposa aperto a Bergamo e aggravare la già fragile posizione del Ministro Roberto Speranza e dei vertici del Ministero della Sanità per il mancato piano pandemico, ma anche dei politici locali e nazionali che sminuivano e sottovalutavano il problema già nel mese di Febbraio 2020, addirittura ironizzando contro chi poneva la questione e organizzando iniziative (ricordiamo #abbracciauncinese #aperitivocontrolapaura) contrarie a ciò che un buon amministratore pubblico avrebbe dovuto fare in quel periodo.

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