18esima Conferenza Europea sull’AIDS: dai vaccini alle cure, dai progressi nella ricerca agli standard di cura

Il rapido sviluppo dei vaccini anti-Covid potrebbe informare i progressi nella ricerca per un vaccino contro l’HIV
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Scienziati, medici e attivisti mondiali di spicco per l’HIV si sono riuniti a Londra per la 18esima Conferenza Europea sull’AIDS dal 27 al 30 ottobre. Gli oltre 3.000 delegati hanno appreso come il rapido sviluppo dei vaccini anti-Covid potrebbe informare i progressi nella ricerca per un vaccino contro l’HIV. Robin Shattock, Professore dell’Imperial College di Londra, ha spiegato che mentre il virus dell’HIV è molto più variabile di quello del Covid, le tecnologie apprese dai nuovi vaccini anti-Covid a mRNA e il lavoro su come stabilizzare le proteine spike della superficie di un virus e poi utilizzarle come costrutti dei vaccini, potrebbero fornire gli strumenti per velocizzare lo sviluppo di un vaccino per l’HIV.

Nonostante i trattamenti efficaci odierni, che permettono alle persone con l’HIV di vivere una vita quasi normale e impediscono al virus di essere trasmesso sessualmente, la ricerca sulle cure continua. Philipp Schommers, dell’Università di Colonia, in Germania, ha descritto come gli anticorpi potrebbero svolgere un ruolo chiave nel futuro trattamento dell’HIV-1 e nelle strategie di prevenzione. I primi risultati dagli studi in primati non umani, così come studi umani nella fase iniziale, suggeriscono che anticorpi ampiamente neutralizzanti (bNAbs) potrebbero essere centrali in alcuni approcci futuri. In una sessione speciale dall’ANRS (Agenzia francese per la ricerca sull’AIDS e sull’epatite virale) Mariela Cabral-Piccin ha analizzato i nuovi strumenti per potenziare le risposte immunitarie all’infezione da HIV. Nell’infezione da HIV-2, la risposta immunitaria naturale al virus è più forte. Svelare questo meccanismo potrebbe aiutare a trovare dei modi per aumentare l’efficacia delle cellule CD8+ T, le cellule che guidano la lotta contro l’infezione, verso l’infezione da HIV-1.

Marina Caskey (Imperial College) ha fornito una panoramica su come gli anticorpi conosciuti come monoclonali bNAbs potrebbero essere integrati sia nei vaccini che nelle cure. Linos Vandekerckhove, (Ghent, Belgio) ha fornito una revisione completa di ciò che sappiamo su come individuare e misurare i serbatoi del virus HIV. Questi serbatoi permettono al virus di restare nascosto e formare una barriera alle cure.

Le difficoltà presentate dalla pandemia di Covid-19 hanno portato anche l’opportunità di migliorare sia la pratica che il trattamento nell’assistenza sanitaria per l’HIV. Ci sono state molte innovazioni in Europa, tra cui approfondimenti sulle ultime applicazioni della telemedicina e dell’assistenza sanitaria digitale. La conferenza ha fornito l’opportunità di condividere esempi di buone pratiche ma ha anche messo in luce le ineguaglianze che persistono per alcuni gruppi, che non hanno accesso alla tecnologia o a spazi sicuri che rendano le consultazioni digitali un’opzione praticabile.

Rimangono delle ineguaglianze per le donne che vivono con l’HIV, nonostante rappresentino oltre la metà (52%) delle persone che vivono con l’HIV nel mondo. La Prof.ssa Yvonne Gilleece (Brighton and Sussex NHS Foundation Trust) ha sintetizzato le disuguaglianze sanitarie collegate a genere, razza, etnia e stigma dell’HIV. Ha sottolineato la mancanza di dati per gestire la salute delle donne a lungo termine attraverso l’inadeguata rappresentanza delle donne nella ricerca clinica. Le donne con l’HIV sono più vulnerabili a comorbilità man mano che invecchiano, come un maggior rischio di malattie cardiache, problemi alle ossa, malattie renali e problemi neurocognitivi, oltre ad un maggior rischio di violenza domestica.

La conferenza ha offerto l’opportunità di condividere gli standard di cura di British HIV Association, European AIDS Clinical Society ed European Centre for Disease Prevention and Control, con indicazioni sulle buone pratiche e su come evitare una diagnosi tardiva. Ha anche evidenziato che l’eliminazione della co-infezione da HIV ed epatite C è ora realisticamente realizzabile in Europa.

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